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Riforma Bail-in, Abi e Federcasse contro la Commissione UE: servono fondi interbancari

mercoledì 19 aprile 2017, di Daniele Morritti

Aggiungere alla normativa vigente la possibilità di attingere dai fondi interbancari in caso di risoluzione di un istituto e scorporare dalla voce passività le emissioni obbligazionarie bancarie senior. Sembra questo il primo stralcio di riforma del Bail-in che l’Italia, per mezzo di Abi e Federcasse, ha in mente di sottoporre al giudizio della Commissione europea. Ne parla oggi il Sole 24 Ore.

Il Bail-in è stato introdotto in Italia nel gennaio 2016 in seguito al recepimento della Direttiva UE Brrd (Bank recovery and resolution directive) che sancisce, in caso di insolvenza dell’istituto, la trasformazione in azioni dei crediti e dei debiti in pancia. In altre parole, per salvare la baracca, col Bail-in vengono direttamente toccati gli obbligazionisti nonché i depositi superiori a 100 mila euro (anche se, come ha ricordato Carmelo Barbagallo in occasione di un’audizione parlamentare, nulla esclude che possano essere toccati anche depositi di entità inferiore ai 100 mila euro).

Per quanto la norma sia stata salutata come la panacea contro tutti i mali di cui soffre l’Italia, in definitiva si tratta di un provvedimento - codificato a livello sovranazionale e ora presente negli ordinamenti nazionali - piuttosto iniquo proprio perché colpisce risparmiatori ignari caricandoli di responsabilità che non hanno, come il salvataggio della banca (le direttive UE, è bene dirlo, vanno recepite, cascasse il mondo. L’unico diritto che gli Stati anno è il tempo: al massimo due anni per recepire una direttiva, poi scatta la procedura di infrazione).

Con ogni probabilità è in questo clima che nasce il presupposto di una riforma del Bail-in.

Riforma Bail-in: cosa dice la Commissione UE?

Naturalmente, in casi come questo, è necessario passare sul cadavere della Commissione europea; il sedicente esecutivo comunitario filtra le suggestioni dei governi (tramite il Consiglio europeo) e, qualora lo ritenga opportuno, sottopone al Consiglio e al Parlamento europeo una proposta di legge o un modifica, nel caso di specie.

Il punto è che la Commissione UE considera le contribuzioni provenienti dai fondi interbancari come un aiuto di stato, una scialuppa di salvataggio per istituti che in definitiva non godono della legittimità di essere salvati. Meglio far pagare agli obbligazionisti. Ovviamente, simili considerazioni derivano dal fatto che la Commissione europea, per deformazione professionale, rigetta ogni intervento pubblico che possa in qualche modo gravare sulle finanze pubbliche. In definitiva, è come una coperta troppo corta: se uno Stato interviene sfora il deficit, viceversa se non interviene il rischio è che con il Bail-in a pagare siano gli obbligazionisti.

Tuttavia, come ricorda il Sole 24 Ore, la Commissione ha negli ultimi mesi discusso una riforma del Bail in, giungendo alla seguente conclusione: armonizzare il Mrel (mettere la banca nel condizioni per assorbire efficacemente le perdite) e il Tlac, di estrazione internazionale, con l’obiettivo di stabilire, oltre alla gerarchia, la quota di passività che possono essere trasformate in attivi. I primi ad essere toccati saranno naturalmente le obbligazioni non subordinate concludendo con i depositi superiori ai 100 mila euro.

Per evitare fraintendimenti a livello comunitario la Commissione starebbe per l’appunto pensando all’introduzione di “obbligazioni non preferred”, la cui utilità, ricorda il Sole 24 Ore, è quella di “evitare possibili contestazioni nella priorità di coinvolgimento in una risoluzione tra bond senior e depositi corporate”.

Abi: fondi interbancari necessari per la protezione dei depositi

Indipendentemente dal livello di comprensione che la Commissione dimostrerà di avere nei confronti dei propositi italiani, è ormai chiaro che il Bail-in (nell’impossibilità di una netta revisione) meriti una profonda riforma che metta al riparo dal rischio fasce più deboli come i depositi corporate.

La speranza di Abi e Federcasse è che la Commissione comprenda finalmente che l’utilizzo dei fondi interbancari - visti a Bruxelles come mera risorsa pubblica e pertanto soggetta a vincoli stringenti di utilizzo - rappresenta la soluzione contro eventuali crisi del sistema bancario, non il problema. Il bail-in, così com’è, rischia solo di esacerbare una situazione di disagio economico di per sé già grave.

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