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Perchè gli sportelli bancari chiudono? La crisi non è l’unica responsabile

mercoledì 11 dicembre 2013, di Michele Ciccone

Nell’incontro di ieri a Via Nazionale a Roma, in occasione del convegno organizzato dalla Banca d’Italia in memoria dell’economista Curzio Giannini, il presidente della BCE Mario Draghi ha espresso il suo giudizio sull’unione bancaria e sull’agenda delle riforme a livello europeo.

In questa agenda non c’è spazio per un ritorno al nazionalismo e al protezionismo. Dobbiamo rimanere concentrati sulle priorità delle riforme fondamentali: completare l’unione bancaria, affiancare il risanamento di bilancio alla crescita e fare riforme strutturali nei mercati del lavoro e dei prodotti.

ha affermato Draghi

Mentre l’ex numero uno di Bankitalia pronunciava queste parole, a Bruxelles nella riunione dell’ECOFIN si discuteva del progetto europeo di Unione Bancaria. No all’intervento degli Stati nel salvataggio degli istituti di credito è il monito che mette tutti d’accordo. Nel frattempo, però, gli sportelli bancarti chiudono. E forse non solo per la crisi.

Gli sportelli chiudono

Vi ricordate il fallimento di Lehman Brothers? Era il 15 settembre 2008. Ebbene da quella data le sette principali banche italiane hanno chiuso 4.591 agenzie. Si è passati, nel giro di 5 anni e 2 mesi, da 28.056 sportelli a 23.465: un calo del 16,5%. In media circa 2,4 agenzie chiuse ogni giorno. Sono numeri da record.

Perchè gli sportelli bancari chiudono?

Le cause sembrano essere principalmente due:

  • la crisi avrebbe "imposto" una profonda revisione dei costi per l’esercizio dell’attività bancaria
  • le tecnologie digitali (home banking)

Per quanto riguarda l’home banking, ossia la possibilità di effettuare le operazioni bancarie (bonifici, pagamenti, ecc..) direttamente dal computer di casa senza bisogno di recarsi allo sportello, è sicuramente una rivoluzione che sta prendendo piede lentamente. Sembra però una tendenza inarrestabile.

Talmente inarrestabile che sta cambiando persino la stessa natura del lavoratore bancario. Non a caso l’ABI ha disdetto a settembre scorso il contratto nazionale di lavoro del settore bancario. Il futuro di questo impiego è dunque sempre più incerto, dopo che per anni ha rappresentato un luogo sicuro dove rifugiarsi, al riparo dall’incertezza del mondo del lavoro.

I numeri della crisi

Presentiamo due tabelle. Nella prima troviamo il numero degli sportelli bancari per alcuni istituti di credito al 31 Dicembre 2008, mentre nella seconda abbiamo lo stesso numero al 30/settembre 2013.

Sportelli bancari al 31/12/2008

Unicredit Intesa San Paolo Monte dei Paschi BancoPopolare Ubi Bpm
10.251 8.432 3.104 2.265 1.944 787

Sportelli bancari al 30/09/2013

Unicredit Intesa San Paolo Monte dei Paschi BancoPopolare Ubi Bpm
9.002 6.339 2.366 1.990 1.276 716

Complessivamente tra la fine del 2008 e il settembre 2013 sono stati chiusi 4.591 sportelli bancari in Italia. Se si pensa che fino a tutto il 2007 il numero di sportelli bancari rappresentava un importante parametro di valutazione sull’offerta fornita da un istituto di credito, capiamo come l’aria stia profondamente cambiando.

Tutte le fasce della clientela hanno rivoluzionato il modo in cui si usufruisce dei servizi bancari. Sebbene ci sia stato un forte allargamento della base della clientela in quest anni, si è anche registrata una diminuzione delle visite medie del singolo correntista in agenzia. La maggior parte delle operazoni di pagamento si svolgono oggi online, pratica che di fatto ha smantellato il ruolo dell’impiegato bancario.

Chi sta pagando la crisi?

Come al solito, quando si tratta di tagli, a rimetterci sono i lavoratori. I riflessi della rivoluzione digitale colpiscono, e anche parecchio, l’occupazione del settore bancario. In Italia la domanda aggregata è in diminuzione, le imprese non richiedono prestiti per finanziare investimenti, e l’occuazione ne risente. Anche all’estero non investono più in Italia. E’ di questi giorni il dietrofront di Barclays sul piano di apertura di 1.000 sportelli in Italia.

Secondo Claudio Corradini, chief executive officer di Barclays,

Nel progetto di sviluppo vogliamo dare la priorità ad Internet e alla consulenza a chi investe

Della serie, piove sul bagnato.

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