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Pd, Renzi ha già deciso: primarie il 7 maggio, elezioni a settembre

lunedì 20 febbraio 2017, di Alessandro Cipolla

Matteo Renzi ha già in mente la strada che deve fare il Pd: primarie al più tardi il 7 maggio, elezioni politiche a settembre. Un percorso questo che sarà seguito in maniera indipendente dalla decisione che la minoranza dem prenderà in merito ad una eventuale scissione.

L’assemblea Pd di domenica non ha riservato grossi colpi di scena, così Matteo Renzi può tirare dritto per la sua strada che prevede come prossime tre fermate le primarie a maggio, le elezioni amministrative a giugno e quelle politiche a settembre.

Anche se la scissione in seno al Pd ormai sembrerebbe essere inevitabile, questo pare non turbare più di troppo un Matteo Renzi convinto che, anche senza la parte più a sinistra del suo partito, non dovrebbero esserci grossi contraccolpi in termini di consensi.

Resta da vedere adesso chi sarà lo sfidante di Renzi alle primarie del Pd, visto che Emiliano, Rossi e Speranza sono tutti e tre con le valigie pronte. In quest’ottica invece qualche sorpresa ci potrebbe essere.

La strategia di Renzi: primarie Pd e poi elezioni

Alla fine la tanto paventata scissione all’interno del Pd ci sarà. La decisione definitiva comunque verrà presa soltanto martedì. Anche se tecnicamente ci sarebbe tempo per una mediazione in extremis, ormai lo strappo è definitivo e insanabile.

All’assemblea del Pd di domenica, Matteo Renzi ha potuto constatare che parti importanti della sinistra del partito come Franceschini e Orlando sono con lui, con anche Emiliano che parrebbe essere ancora indeciso sul da farsi.

Con Bersani, Rossi e Speranza ormai considerati praticamente fuori, Renzi così riesce a tenere dentro al Pd una larga maggioranza di deputati e capi corrente. Un risultato questo che gli permette di dettare lui ora la road map del partito.

La strada che il Pd sta imboccando dovrebbe essere questa. Ieri Matteo Renzi ha presentato le proprie dimissioni da segretario, con Matteo Orfini in quanto presidente che ora avrà compiti di reggente.

Martedì Orfini terrà la segreteria Pd, dove verrà nominata la commissione e stabilite le regole delle primarie. Sempre domani, potrebbe poi essere anche il giorno dell’ufficializzazione della scissione da parte della minoranza dem.

Nominata la commissione, prenderà il via il congresso del Pd che può durare al massimo quattro mesi. I lavori termineranno con le primarie nazionali tra i candidati per indicare il nuovo segretario del partito.

Per la data delle primarie si era parlato inizialmente del 9 aprile, ma sembrerebbe essere troppo vicina con il congresso che durerebbe poco più di un mese. Più probabile invece che ti tengano il 7 maggio, comunque sempre prima delle elezioni amministrative.

Se le primarie del Pd dovessero vedere come vincitore Matteo Renzi, scenario più probabile, allora l’ex premier sembrerebbe intenzionato a staccare la spina al governo Gentiloni, con elezioni politiche a settembre.

Questo però è il nodo più grande da sciogliere, visto che in tanti nel partito sono contrari a far cadere un governo retto dal Partito Democratico a pochi mesi dalla sua scadenza naturale.

Primarie Pd: chi sfiderà Renzi?

Le primarie del Pd si terranno quindi con ogni probabilità il 7 maggio. Nonostante le polemiche a riguardo, Matteo Renzi comunque si ricandiderà al ruolo di nuovo segretario del partito.

Gli sfidanti dichiarati erano Roberto Speranza, Enrico Rossi e Michele Emiliano. Tra questi però solo il governatore della regione Puglia sembrerebbe essere interessato a proseguire la propria strada politica all’interno del Pd.

Se anche Emiliano dunque decidesse di abbandonare il Pd, Renzi al momento non avrebbe sfidanti alle primarie. Se dovesse essere questo lo scenario, allora potrebbero fare un passo in avanti figure anche di spicco di quello che rimarrebbe della sinistra del partito.

Il nome più caldo è quello di Andrea Orlando. Il ministro della Giustizia negli ultimi tempi ha rilasciato diverse dichiarazioni sulla necessità che le cose cambino all’interno del Pd. Nel caso di una sua vittoria, naturalmente il governo Gentiloni arriverebbe al 2018.

Altri nomi che si fanno sono quelli del ministro Cesare Damiano e quello di Walter Veltroni, con l’ex segretario del Pd che nonostante il riavvicinamento a Renzi potrebbe provare a riprendersi quello che era il suo vecchio ruolo.

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