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Scissione Pd, sondaggi: Renzi regge, senza Bersani comunque al 27%
giovedì 16 febbraio 2017, di
Scissione Pd: un ipotetico nuovo partito di Bersani potrebbe anche arrivare a prendere il 10%, ma Renzi reggerebbe attestandosi al 27%.
La resa dei conti all’interno del Partito Democratico è ormai imminente, con gli incontri e le trattative tra i vari esponenti che si fanno sempre più fitti e frenetici. L’obiettivo dichiarato da tutti è sempre lo stesso: evitare la scissione nel Pd evocata da Bersani.
Dopo la direzione Pd di lunedì scorso le acque sono ancora più agitate. Come proposto da Renzi, domenica è in programma l’assemblea del partito che decreterà l’avvio dell’iter congressuale, con le conseguenti primarie che si svolgeranno a fine aprile.
Una tempistica che non va assolutamente giù a Pier Luigi Bersani, che prima vorrebbe aprire un confronto interno al partito per discutere delle linee programmatiche oltre che della nuova legge elettorale, con l’ipotesi di una clamorosa scissione nel Pd che appare ormai inevitabile.
Se la paventata scissione all’interno del Pd dovesse concretizzarsi, i sondaggi indicano che comunque il Partito Democratico guidato da Matteo Renzi terrebbe botta attestandosi attorno al 27%, ma anche che una formazione politica comprendente Bersani e la sinistra potrebbe arrivare anche al 10%.
Scissione Pd: domenica il giorno della verità
Se domenica dovesse concretizzarsi la scissione in seno al Pd, in Italia potrebbe venir meno quello che probabilmente è l’ultimo partito di massa ancora esistente. Oltre questo, si aprirebbero anche scenari poco sereni per la tenuta dell’attuale governo Gentiloni.
Pier Luigi Bersani è a un bivio. Da una parte c’è la ferma convinzione che il Partito Democratico stia diventando sempre più un partito non più del popolo ma personale, tutto incentrato sulla figura di Matteo Renzi.
Una deriva questa che farebbe passare in secondo piano le idee storiche e programmatiche del partito, un pericoloso mutamento che secondo Bersani è stato il motivo delle recenti sconfitte di un Pd che non è più capace di parlare al popolo.
La scissione del Pd però avverrebbe sostanzialmente per un problema di calendario, per un congresso fatto ad inizio primavera invece che in autunno. Naturalmente la questione è più complessa, ma Bersani si dovrebbe prendere la responsabilità di spaccare il Partito Democratico fondamentalmente per una questione di tempistica.
Matteo Renzi sente dal canto suo di avere saldamente in mano il partito. Sabato prossimo nel quartiere romano di Testaccio, il governatore della regione Toscana Enrico Rossi presenterà la sua associazione Democratici Socialisti, dove dovrebbe essere presente anche Bersani.
Quello di sabato potrebbe essere il momento in cui la scissione del Pd si potrebbe materializzare. Se poi il giorno successivo, quando è in programma l’assemblea del Partito Democratico, Bersani e i suoi non dovessero presentarsi, ecco che già da lunedì potrebbe nascere un nuovo gruppo parlamentare.
Scissione Pd: Renzi al 27% anche senza Bersani
Mentre ancora è tutto da vedere se la paventata scissione nel Pd si andrà a concretizzarsi, un sondaggio fatto dall’istituto di ricerche EMG, quello cui solitamente fa ricorso Mentana a La7, fornisce già alcune interessanti percentuali.
Secondo l’istituto, attualmente il Partito Democratico unito sfiorerebbe il 31% dei consensi. Se invece dovesse avvenire la scissione, il Pd orfano di Bersani si attesterebbe comunque ad un buon 27%, con il Movimento 5 Stelle che diventerebbe il primo partito in Italia.
Nell’immediato quindi Bersani riuscirebbe a strappare al Pd un 4% di voti. A questi però si potrebbero aggiungere altri voti che la nuova formazione politica andrebbe a rosicchiare al Movimento 5 Stelle, riportando alla base tanti vecchi militanti del partito fuggiti a causa del renzismo.
Se dovesse uscire dal Pd, Bersani allora tenderebbe subito la mano a Sinistra Italiana, che attualmente viene dato al 3,8%. In questa nuova coalizione nettamente spostata a sinistra, potrebbe rientrare anche Pisapia ed il suo Campo Progressista.
Se tutte queste alleanze dovessero andare in porto, ecco che Bersani quindi potrebbe tranquillamente arrivare anche al 10%. Una eventualità che darebbe una più che discreta rappresentanza parlamentare alle prossime elezioni, a prescindere dalla legge elettorale.
Quello che dovrebbe far riflettere all’interno del Pd però è un altro dato. Sommando il 27% del Pd di Renzi al 10% che potrebbe prendere Bersani, ecco che un centrosinistra unito e compatto si avvicinerebbe molto al famoso 40% che garantirebbe il premio di maggioranza.
Più che di una scissione, probabilmente il Pd avrebbe bisogno invece di un forte rinsaldamento con alla base un programma ben definito. Ma questa evenienza, al momento, sembrerebbe essere assolutamente una chimera.