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Mercati, previsioni 2016: crescita, petrolio e materie prime. Le opportunità dell’anno nuovo
martedì 24 novembre 2015, di
Cosa aspettarsi dai marcato finanziari il prossimo anno? Ecco le previsioni 2016 sugli effetti della crescita a livello mondiale, i fattori di rischio, l’andamento del prezzo delle materie prime, le ultime opportunità di investimento del petrolio e il ruolo della BCE.
Secondo le ultime stime di ottobre del FMI, il PIL del pianeta crescerà quest’anno del 3,1%. Cioè 0,2 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni che lo stesso FMI aveva fatto in luglio. Ma nel 2016 la crescita globale salirà al 3,6% (ovvero 0,2 punti percentuali in meno a quanto precedentemente previsto).
Bisogna però distinguere tra economie avanzate e paesi emergenti.
Nelle economie avanzate il tasso di crescita aumenterà leggermente quest’anno e il prossimo. Infatti, il PIL dei paesi industrializzati accelererà dall’1,8% del 2014 al 2% nel 2015 fino al 2,2% nel 2016. A trascinare il rimbalzo saranno gli Stati Uniti, il cui prodotto è previsto salire del 2,6% nel 2015 e del 2,8% nel 2016. Proseguirà anche la ripresa nella zona euro (+1,5% nel 2015 e +1,6% nel 2016). La crescita migliora in Francia (+1,2% e +1,5% rispettivamente), in Italia, ma soprattutto in Spagna (+3,1% e +2,5% nei due anni). In Germania l’aumento sarà dell’1,5% nel 2015 e dell’1,6% nel 2016.
Fattori di freno saranno ancora i bassi investimenti aziendali, le sfavorevoli tendenze demografiche e la debole crescita della produttività. Per quanto riguarda i paesi emergenti, invece, la crescita frenerà dal 4,6% del 2014 al 4% nel 2015, per poi riaccelerare al 4,5% nel 2016: si tratta del quinto rallentamento annuo di fila della crescita per questo gruppo di Paesi, e riflette innanzitutto l’andamento più debole dei Paesi esportatori di petrolio e materie prime, oltre alla frenata della Cina, dal 6,8% del 2015 fino al 6,3% del 2016.
Sebbene la decelerazione cinese sia in linea con le previsioni, le sue ripercussioni all’esterno persisteranno a causa del calo del prezzo delle materie prime che ne consegue (che colpirà i paesi esportatori) e delle ridotte importazioni cinesi (che colpiranno i partner commerciali della Cina nel sud-est asiatico).
Previsioni 2016, crescita: gli elementi di rischio
Gli elementi che potrebbero influenzare negativamente lo scenario sin qui descritto (ma noi riteniamo che siano eventi meno probabili) sono:
- un ulteriore calo del prezzo del petrolio e delle materie prime che danneggerebbe i paesi emergenti esportatori innescando recessioni prolungate in quei paesi (Russia, Brasile, ecc.),
- una frenata dell’economia cinese più ampia di quanto previsto che porterebbe alla stagnazione tutta l’area del sud-est asiatico in cui sono compresi i partner commerciali del gigante cinese, e di lì ad un abbassamento della crescita anche per i paesi industrializzati occidentali,
- un aggiustamento violento dei mercati finanziari, come reazione al peggioramento delle stime macro-economiche, sulla scia di quanto accaduto nell’agosto 2015,
- le tensioni geopolitiche in Medio Oriente che minano in maniera costante le prospettive di pace e stabilità nelle suddette aree, oltre all’incertezza dettata dai recenti avvenimenti di Parigi.
Mercati emergenti, previsioni 2016: continuerà la frenata?
Certamente il minor tasso di crescita di alcuni paesi emergenti riflette un cambiamento endogeno della tipologia di crescita, passando da una spinta sul PIL basata su esportazioni e investimenti in infrastrutture ad una crescita dettata dai consumi interni. Riteniamo che questa fase di transizione possa durare anni.
Tuttavia, le banche centrali dei suddetti paesi emergenti sapranno accompagnare tale transizione con politiche monetarie accomodanti e interventi a sostegno del sistema finanziario e creditizio: in Cina, ad esempio, il debito privato sfiora il 200% del PIL ma il debito pubblico è inferiore al 60% del PIL, e ciò permette al governo di intervenire a sostegno dell’economia con politiche fiscali accomodanti e/o di spesa pubblica più intensiva, oltre ad offrire margini di intervento a sostegno del patrimonio delle banche in difficoltà (ricapitalizzazioni) e del debito bancario a livello internazionale (garanzie dello stato su prestiti circolanti al di fuori del territorio cinese)
Possiamo fidarci della BCE?
La BCE affronta un sostanziale fallimento del Quantitative Easing (un programma di acquisti di titoli statali sul mercato finanziario) iniziato a marzo. Non si sono avuti gli effetti sperati sul fronte dell’inflazione in area euro, rimasta invariata a -0,1% ad ottobre 2015, lo stesso dato di aprile, né sul fronte occupazionale, visto che la percentuale di disoccupati staziona al 10,8% oggi, contro l’11% di maggio.
Per questo motivo la BCE annuncerà a dicembre un piano di ulteriore espansione del suddetto QE, basato probabilmente su 3 pilastri:
- un aumento mensile degli acquisti da 60 miliardi di euro a 80 miliardi di euro,
- una postergazione del termine dell’operazione da settembre 2016 a marzo 2017,
- un aumento della penale pagata dalle banche europee per detenere depositi presso la BCE.
Dall’attuale -0,20% il tasso sui depositi potrebbe passare a -0,30%, al fine di costringere le banche a togliere liquidità parcheggiata presso la l’istituto centrale e liberare ulteriori risorse per il circuito interbancario e di lì all’economia reale.
Di questo passo, il primo rialzo dei tassi in area euro avverrebbe nel "lontano" 2018.
Previsioni 2016: la crescita verrà anche dal basso prezzo del petrolio
Secondo recenti affermazioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia è difficile che il petrolio torni a 80 dollari al barile prima del 2020. Tuttavia, al di sotto dei livelli attuali difficilmente dovremmo scendere: la base di 40 dollari/barile si sta dimostrando un buon supporto di medio termine per le quotazione del petrolio WTI.
Probabilmente il prezzo si muoverà in senso laterale, in una fascia di oscillazione tra 40 e 60 dollari barile per tutto il 2016. Su questi livelli, quindi, il petrolio rappresenta per noi una buona opportunità di investimento. Soprattutto se, a partire dall’estate 2016, si dovessero concretizzare i primi segnali di una ripresa della domanda interna in Cina.
Tuttavia, il fenomeno ha degli aspetti positivi.
Infatti, fino ad ora, il ribasso dei prezzi del petrolio dal 2014 ha aumentato il reddito netto disponibile delle famiglie e delle imprese (rispetto ad esempio al biennio 2013 – 2014 quando il petrolio stazionava sopra i 100 dollari/barile) e quindi favorisce nel medio termine la crescita del PIL dei paesi importatori netti di energia, e quindi la profittabilità delle imprese che vedono ridursi i costi di produzione.
Previsioni 2016: crescita spinta dal prezzo delle materie prime
La debolezza del prezzo delle materie prime è causata dalla frenata della domanda proveniente dai paesi emergenti (in primis Cina). E’ un problema essenzialmente di sovra-capacità produttiva. Assistiamo cioè ad un eccesso di offerta di materie prime su scala globale.
Ciò ha portato alla chiusura di molte miniere perché le aziende debbono contrarre i costi di produzione e diminuire l’offerta per adeguarla alla domanda ridotta.
L’equilibrio tra domanda e offerta non è stato ancora raggiunto: la diminuzione dell’offerta è stata importante ma forse non ancora sufficiente. Ciò comporta sicuramente minori investimenti in tecnologie e processi produttivi. E quindi una contrazione dei bilanci delle società del settore.
Bisogna avere molta prudenza sul settore minerario e dell’acciaio anche per il 2016.
È indubbio però che il minor costo delle commodities avvantaggia chi le utilizza nella sua attività di impresa e di conseguenza tutti i consumatori finali.
Leggi la seconda parte dell’articolo:
Le azioni? L’asset meno rischioso nel 2016, ecco perché
Articolo a cura di Renato Frolvi, Asset Manager