Licenziamenti, quanto costano alle aziende italiane? Tra risarcimento e reintegro anche più di 70 mila euro

Licenziamenti, quanto costano alle aziende italiane? Una domanda che può sembrare quasi odiosa, soprattutto in tempi di crescente crisi economica e occupazionale, ma che in pratica rappresenta probabilmente uno dei nodi principali che hanno portato al varo del Jobs Act: l’esigenza di una maggiore certezza, anche per gli investitori provenienti dall’estero, in materia di eventuali costi per i licenziamenti.

I costi del licenziamento in Italia

Il licenziamento, quando non si finisce a carte bollate, comporta fuoriuscite di denaro che l’azienda ha già preventivato, come il trattamento di fine rapporto, le ferie e i permessi non goduti. Inoltre, dal 2013 è stato introdotto, attraverso la Legge Fornero, un ticket dovuto all’Inps, che comunque prevede esborsi piuttosto contenuti: 41 euro per ogni mese di lavoro svolto dall’ex dipendente, ossia 490 euro annui fino a un massimo di 1470 euro se l’occupazione è stata di tre o più anni. Tutto qui? Solo se non si finisce davanti al giudice: nel caso in cui il licenziamento viene impugnato dal lavoratore, infatti, si profilano costi difficilmente preventivabili.

La reintegra e il risarcimento

Nel caso in cui venga accertata l’illegittima interruzione del rapporto di lavoro, possono scattare meccanismi quali la reintegra e il risarcimento. A chi viene riconosciuto il diritto a tornare al proprio posto spettano tutte le retribuzioni perse nel frattempo, nonché un risarcimento fissato dal giudice entro termini stabiliti dalla legge.

In pratica, un dipendente quadro del settore terziario, con tre anni di lavoro alle spalle, che riesce a farsi riconoscere l’illegittimo licenziamento economico, secondo le elaborazioni del quotidiano Italia oggi, costa all’azienda più di 70 mila euro.

Che cosa, invece, cambierà con il Jobs Act, lo abbiamo già raccontato.