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Legge di Stabilità: come funziona e perché è così importante per il paese

giovedì 28 novembre 2013, di Michele Ciccone

La Legge di Bilancio consiste nell’attuazione degli obiettivi programmatici che il governo intende attuare nel corso del triennio di riferimento, obiettivi stabiliti nella preliminare Decisione di Finanza Pubblica.

La Decisione di Finanza Pubblica, in cui vengono inoltre presentati l’evoluzione economico-finanziaria internazionale e le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche per l’Italia per il periodo di riferimento, è andata di fatto a sostituire il precedente Documento di Programmazione economica e finanziaria.

La legge di stabilità rappresenta dunque la forma concreta nella quale vengono attuati i programmi di spesa (intendendo sia l’ammontare delle spese da effettuare che le entrate programmate per le casse dello Stato) stabiliti nella Decisione di Finanza Pubblica, programmi che riguardano l’indicazione di massima delle risorse necessarie a confermare, per il periodo di programmazione, gli impegni e gli interventi di politica economica e di bilancio, nonchè l’articolazione della manovra necessaria al conseguimento degli obiettivi.

Prima della legge di stabilità c’era (qualcuno se lo ricorderà) la legge finanziaria, in parte diversa dalla legge di stabilità per quanto riguarda i contenuti e i termini di presentazione.

Quando viene presentata la Legge di Stabilità?

La legge di stabilità viene presentata in Parlamento entro il 15 ottobre sotto forma di disegno di legge (ossia una proposta del Governo, la cui effettiva entrata in vigore è subordinata al voto di Camera e Senato), un mese dopo la presentazione della Decisione di Finanza Pubblica.

La Legge di Stabilità per il triennio 2014-2016

Come è stato spiegato in un articolo qui, nella giornata di ieri, 27 Novembre, il Senato ha votato la fiducia alla Legge di Stabilità, con 171 si e 135 no.
La manovra del governo aumenta da 12 a 15 miliardi di euro nel 2014. Il totale di minori spese e maggiori entrate è circa 2,7 miliardi, di cui 1,2 miliardi di maggiori entrate. Il saldo migliora di quasi 175 milioni. L’impatto sul deficit 2014 scende da 2,7 a 2,5 miliardi.
Secondo quanto emerge dall’allegato 3 alla manovra, gli emendamenti producono oneri il prossimo anno pari a più di 2,6 miliardi di euro, che si sommano ai 12,4 miliardi previsti nel testo licenziato il 15 ottobre da Palazzo Chigi.

Bruxelles boccia la Legge di Stabilità

Il 15 Novembre scorso la Commissione Europea, passata al vaglio la proposta di Legge di Stabilità del Governo italiano, aveva dichiarato che l’Italia potrebbe «non rispettare le regole su deficit contenute nel Patto di stabilità» e quindi è a più alto rischio di sforamento dei parametri.
Secondo il Commissario agli Affari economici Olli Rehn

l’Italia deve fare sufficienti progressi verso l’obiettivo di medio termine, ossia il pareggio di bilancio, riducendo il debito l’anno prossimo assicurando un aggiustamento strutturale di almeno 0,5% del Pil. E’ importante che la spending review in Italia dia risultati già nel 2014 perché porterà ad una riduzione del debito.

Bocciatura legittima?

Le parole di Olli Rehn suonano come una sonora bocciatura per l’Italia. Notiamo però che Rehn faccia riferimento alla possibilità per l’Italia di non rispettare i dettami del Patto di Stabilità e Crescita. Cosa ci dice questo documento? Il Patto di Stabilità e Crescita stabilisce che i paesi aderenti debbono soddisfare i criteri stabiliti dal Trattato di Maastricht, ossia in particolare un deficit pubblico non superiore al 3% del PIL . Le stime per il 2013 e per il 2014 dell’Unione Europea ci dicono che

l’Italia chiudera’ il 2013 con una flessione del Pil pari all’1,8%, piu’ pesante di quanto previsto a maggio (-1,3%), e un rapporto deficit/Pil in rialzo dal 2,9% al 3%, dato che tiene conto della piena esecuzione delle misure di risanamento. Nel 2014 e’ stimato al 2,7% del Pil (a maggio si prevedeva invece il 2,5%), dato che incorpora le misure di bilancio adottate, e la prima previsione per il 2015 e’ al 2,5%

La divergenza tra Commissione Europea e Governo Italiano può essere espressa dalle parole di Gianni Cuperlo, deputato del PD, a Servizio Pubblico

Non ci sono 15-20-30 miliardi da mettere sulla riduzione del cuneo fiscale, ma nella legge di Stabilita’ per il 2014 abbiamo previsto un rapporto deficit/Pil del 2,5%, mentre i trattati Ue stabiliscono il 3%.

La Commissione Europea teme allora che la manovra inserita all’interno della Legge di Stabilità non rispetti le previsioni sul rapporto del deficit Pil, sforando il 2,5% atteso.

Andando a guardare i dati della Ragioneria Generale dello Stato notiamo però come in realtà l’Italia non sia così distante da quanto previsto dal Patto di Stabilità e Crescita nemmeno nel 2012

Dal grafico è possibile osservare come nel 2012 il rapporto deficit/Pil sia pari già al 3% del Pil, e che dal 2009 il rapporto è in diminuzione. Lo stesso Olli Rehn tuttavia precisa successivamente che nel medio termine l’Italia deve soddisfare l’obiettivo del pareggio di bilancio.

Il Fiscal Compact in arrivo

Rehn sembra allora fare riferimento a quanto stabilito dal Fiscal Compact, un documento i cui paesi aderenti devono far entrare in vigore entro il 1 Gennaio 2014, che stabilisce, tra le altre cose, l’obbligo del perseguimento del pareggio di bilancio ed una significativa riduzione del debito pubblico al ritmo del 5% all’anno, fino al rapporto del 60% sul Pil nell’arco di un ventennio.

In questo senso, dunque, vanno probabilmente interpretate le parole di Rehn. Cosa implicano però in termini concreti le misure imposte dal Fiscal Compact? Proviamo a fare un semplice esempio (è un puro esercizio che non tiene conto di tutto ciò che accade, ma che però può dare un’idea dell’ordine di grandezza sul quale si ragiona).

Il possibile effetto del Fiscal Compact

Concentriamoci per un attimo solo sul primo anno in cui la misura prende piede. L’Italia ha, allo stato attuale, un rapporto debito/Pil pari al 133%. Ridurre questo rapporto del 5% l’anno significa concretamente diminuirlo ogni anno del 6,6% (con un rapporto debito/Pil di 100 si avrebbe una riduzione di 5 ogni anno, mentre se il rapporto è del 133% si ha una riduzione del 6,5%).

Ora, supponiamo che la riduzione del rapporto debito/Pil venga effettuata tramite una riduzione della spesa pubblica e non con un aumento della tassazione (ipotesi non implausibile, dato il forte impatto psicologico sulla collettività di un aumento della tassazione): la riduzione di spesa necessaria a ridurre il rapporto debito/Pil del 6,6% sarebbe esattamente pari al 6,6% solo se l’Italia avesse un avanzo complessivo (includendo quindi anche il pagamento degli interessi). In realtà l’Italia ha un rapporto deficit/Pil per il 2013 stimato al 2,7%. Per ridurre il rapporto debito/Pil del 6,6%, allora, l’Italia dovrebbe attuare, ceteris paribus, una riduzione della spesa pubblica pari al 9,3% (ossia 6,6% = -2,7%+9,3%).

Ipotizzando un moltiplicatore della spesa pubblica pari a 2 (ossia propensione al consumo uguale a 0,5), una riduzione della spesa pubblica del 9,3% avrebbe un effetto sul Pil pari al 18,6%!! E questo considerando solo il primo anno. Ovviamente una riduzione del Pil ha effetti negativi sul rapporto debito/Pil, ossia lo fa aumentare ancora di più. Per cui ogni anno andrebbero riviste al rialzo le misure per ridurre il rapporto.

Teniamo a precisare che l’esempio fornito vuole essere puramente indicativo degli effetti recessivi che l’adozione delle misure introdotte dal Fiscal Compact comporterebbe. Il nostro ragionamento infatti non tiene conto di altri fattori in gioco, ed inoltre assume che la riduzione del rapporto debito/Pil venga effettuata tramite una riduzione della spesa pubblica e non con un aumento della tassazione.

L’esempio può essere tuttavia utile e farsi un’idea sui possibili effetti, a nostro parere disastrosi, che il Fiscal Compact porterebbe con sè e a riflettere sul fatto che simili numeri mettono addosso davvero tanta paura.

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