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La crisi blocca anche il lavoro nero: in 5 anni persi 106.000 posti
sabato 7 giugno 2014, di
Se fino a poco tempo fa era scontato considerare il lavoro in nero figlio della crisi, pensiamo alla storia del cassaintegrato che lavora in nero, sempre più diffusa, oggi anche il lavoro in nero è in crisi e non certo per le novità 2014 del Ministero in materia di maxisanzione per lavoro in nero e irregolare.
Ad accendere i riflettori sulla questione ci ha pensato la CGIA di Mestre che ha spiegato come in 5 anni, dal 2007 al 2012, si sono persi oltre oltre 106.000 posti, il che ha avuto come conseguenza la riduzione dei lavoratori irregolari fino a quota 2.862.300, di cui solo 1.308.700 attivi nel Sud.
Perché il lavoro in nero è in crisi?
La riduzione del lavoro in nero non può che essere accolta come buona notizia, soprattutto per la salute dei lavoratori coinvolti dal fenomeno. Perché il lavoro in nero è in crisi? Le ragioni sono evidenti: la crisi e la minore disponibilità di spesa delle famiglie italiane, le quali anche per i piccoli interventi di manutenzione, come i lavori di giardinaggio e le riparazioni domestiche, provvedono da sé. Ecco che nascono il falegname, l’elettricista o l’idraulico fai da te.
Secondo il segretario Giuseppe Bortolussi:
"Non tutti i settori hanno subito una contrazione della presenza degli abusivi. In quello della cura alla persona (parrucchieri, estetiste, massaggiatori, etc.), nella riparazione delle auto, moto o cicli e nel trasporto persone l’aumento degli irregolari è stato esponenziale".
Una considerazione importante da fare rispetto alle maggiori percentuali di lavoro nero, riscontrate al Sud, è la seguente:
"è presumibile che la crisi abbia rafforzato il peso e la dimensione di quelle attività e di quei settori che tradizionalmente operano nella cosiddetta area grigia o sono controllati dalla criminalità organizzata".
Nonostante la crisi del lavoro in nero, i cui numeri sono comunque difficili da individuare visto che il fenomeno appartiene al mondo sommerso, questo tipo di attività viene considerata da molti un vero e proprio "paracadute" in tempo di crisi, per disoccupati, cassaintegrati o pensionati, per sopravvivere, il che lo rende sempre più difficile da estirpare: lo dimostra il rapporto piuttosto esiguo tra i 106.000 posti persi e i quasi 3 milioni di lavoratori irregolari.