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La Fed non interromperà in tempi brevi il suo processo di normalizzazione monetaria
giovedì 20 dicembre 2018, di
Nel meeting di ieri sera, la Federal Reserve ha deciso di procedere con il suo percorso di normalizzazione della politica monetaria, aumentando i tassi di 23 punti base, portandoli all’intervallo compreso tra il 2,25 e il 2,50%.
Il numero uno dell’istituto centrale americano ha quindi deciso di non dare ascolto alle lamentele del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, secondo cui ulteriori aumenti del costo del denaro sarebbero stati pericolosi.
L’atteggiamento della Fed è risultato meno accomodante di quanto si aspettassero gli operatori, che hanno reagito vendendo equity e comprando bonds governativi. Da quanto è emerso dalla riunione di ieri sera però, i futuri incrementi dei tassi saranno guidati dai dati macroeconomici.
“Nella sua dichiarazione, il FOMC ha evidenziato la condizione solida del mercato del lavoro, i consumi sostenuti e una certa moderazione nel capex. L’inflazione è vicina al target e il FOMC non è preoccupato dalle aspettative di inflazione”, sottolinea Patrice Gautry, Chief Economist di Union Bancaire Privée.
La banca centrale ha anche aggiustato le stime di crescita per i prossimi anni, portandole al 2,3 dal 2,5% per il 2019, all’1,8 dal 2% per il 2020 e al 2 dal 2,1% per il 2021. Invariate invece le previsioni relative all’inflazione.
“Queste previsioni indicano una crescita moderata, con una pressione inflazionistica contenuta, appena in linea con il target e con l’inizio di un mercato del lavoro meno solido. Si tratta di un rallentamento ordinato, che dovrebbe giustificare ulteriori aumenti dei tassi solo in misura limitata. Sulla base di queste dichiarazioni e delle previsioni, nulla indica che la Fed interromperà rapidamente il suo processo di normalizzazione, anche se il FOMC si concentrerà maggiormente sulla gestione del rischio”, chiosa la Chief Economist di UBP.