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Italia che spende €17 miliardi per salvare le banche è lo zimbello d’Europa
lunedì 26 giugno 2017, di
L’Italia e il suo sistema bancario tornano sotto la lente d’ingrandimento internazionale e, ancora una volta, non per i loro meriti.
Se la crisi del sistema bancario del Belpaese non ha mai fatto intravedere segni di ridimensionamento, il caso delle banche venete ha aperto le porte ad una valanga di critiche da parte degli stessi osservatori italiani, ma soprattutto internazionali.
Dopo aver lottato con le unghie e con i denti per opporsi alla manovra bis da 3,4 miliardi di euro, il Governo non ha battuto ciglio nel firmare un cospicuo assegno per evitare il bail-in delle due venete. Sono in molti a chiedersi quale sia il motivo di questa improvvisa generosità.
L’Unione Bancaria europea è giunta al capolinea, secondo i critici del salvataggio e l’Italia ha agito ancora una volta nel mancato rispetto dei principi normativi. Non ci sarà per caso un collegamento tra la crisi del sistema bancario e le elezioni politiche in dirittura d’arrivo?
L’Italia e le sue banche: zimbelli di un’Europa che ride
Non appena le notizie sulle due banche venete hanno iniziato a diffondersi, la stampa internazionale, gli osservatori e gli esperti hanno messo in luce le proprie perplessità in merito ai 17 miliardi di euro messi a disposizione per i due istituti.
Il caso di Veneto Banca e Popolare di Vicenza rappresenta l’ennesimo esempio di un’Italia che (per ragioni di varia natura) riesce a divincolarsi dalle rigide norme UE, pensate per evitare di gravare sulle spalle dei contribuenti in caso di collasso di un’istituzione bancaria. Il controsenso appare già evidente.
I due istituti saranno soggetti ad una procedura di liquidazione che ha allontanato lo spettro bail-in. Le autorità italiane saranno così in grado di lavorare sotto una legislazione meno rigida.
Ricordiamo che lo scorso marzo l’Italia ha tentato ancora una volta di proporre un’eccezione alle regole UE sugli aiuti di Stato avanzando richiesta di ricapitalizzazione precauzionale su Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Il piano, come sappiamo, non è stato approvato.
Da quel momento in poi l’ipotesi bail-in è sempre stata considerata come la più probabile, ma secondo diversi osservatori essa non solo avrebbe distrutto il consenso elettorale a pochi mesi dalle elezioni politiche, ma avrebbe anche potuto rendere il terreno fertile alle forze anti-sistema (l’Europa non sarebbe stata di certo a guardare).
La beffa italiana all’Unione Bancaria
La decisione di salvare le due banche venete è stata considerata da molti come l’ennesima beffa italiana ai danni della normativa UE. Secondo il piano, gli azionisti e gli obbligazionisti junior contribuiranno al salvataggio (con possibilità di ristoro), mentre i creditori senior saranno risparmiati. E la normativa europea volta a prevenire ripercussioni proprio sui soggetti citati?
Opinione unanime è che per i contribuenti italiani e per la credibilità della normativa finanziaria dell’Eurozona il piano sia un fallimento totale. Quest’ultimo, fanno notare diversi osservatori internazionali, è un vero e proprio schiaffo morale (e materiale) ai contribuenti italiani che potrebbero dover sborsare circa 10 miliardi di euro.
“Con questa decisione la Commissione europea accompagna l’Unione Bancaria sul letto di morte. La promessa che i contribuenti non pagheranno per salvare le banche fallite è stata definitivamente infranta.
Sono molto deluso dalla decisione della commissione che così facendo ha minato enormemente la credibilità dell’Unione Bancaria. Se le regole comuni sulla risoluzione bancaria sono ignorate così facilmente non c’è motivo di negoziare ancora sulla creazione di uno schema di assicurazione dei depositi.
La condizione necessaria al funzionamento di un’Unione Bancaria è il comune rispetto delle sue norme. Se questo viene a mancare allora non c’è alcun motivo per rafforzare la stessa unione e per mutualizzare i rischi. ”
È quanto affermato da Markus Ferber, membro del Parlamento europeo che non ha fatto segreto della propria delusione sull’ennesima gestione italiana delle crisi bancarie.
Il bail-in sarebbe costato meno
Il Governo, tuonano da più parti gli analisti, avrebbe potuto intraprendere una via meno onerosa per i contribuenti, ossia quella del bail-in che avrebbe colpito anche gli obbligazionisti senior ed eventualmente i depositanti sopra i 100.000 euro.
Ha scelto di non farlo e l’intrapresa via della liquidazione costerà più del doppio, ma essa è stata giustificata con la volontà di evitare il rischio contagio in tutto il sistema. 10 miliardi di euro sembrano un prezzo più che sufficiente da pagare per evitare tale rischio.
Valeva la pena di spendere fino a 17 miliardi per salvare gli obbligazionisti? Non sarebbe stato meglio ricorrere a bail-in? Sono queste le domande più gettonate dagli osservatori internazionali in queste ore.
Da parte del Governo, però, parlano dell’inesistenza di altre vie percorribili per le due venete. L’Unione Bancaria è salva, ma solo in apparenza.