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Il paradosso dell’euro: economia debole e valuta forte. Ecco i fattori che sostengono l’ascesa della moneta unica

lunedì 7 ottobre 2013, di Nicola D’Antuono

Il super-euro è uno dei tanti paradossi di un’economia che rispecchia sempre meno i reali valori fondamentali e sempre più il sentiment degli investitori, ma soprattutto il rapido spostamento di capitali da una parte all’altra del mondo alla caccia dei rendimenti più allettanti. Negli ultimi mesi la moneta unica si è apprezzata molto nei confronti del dollaro americano e dello yen, ma anche contro "valute pregiate" come il dollaro australiano e il dollaro canadese. Eppure l’economia dell’area euro è una delle più in difficoltà del pianeta e fino all’estate del 2012 si parlava addirittura di una possibile disgregazione dell’unione monetaria, senza contare i timori di default per una serie di paesi indebitati fino al collo come la Grecia, la Spagna e l’Italia.

Sul forex l’euro ha sfiorato 1,3650 dollari, salendo sui livelli più alti da inizio febbraio scorso. Sul finire di luglio 2012 l’euro valeva poco più di 1,20 dollari, per cui nel giro di 14 mesi circa ha messo a segno una performance superiore al 13%. Senza contare che, lo scorso 19 settembre, l’euro è volato fino in area 135 sullo yen, sui livelli più alti da novembre 2009: alla fine di luglio 2012 il cross euro-yen valeva meno di 100. Secondo alcuni esperti del mercato forex, la differenza la sta facendo la politica monetaria delle banche centrali. Sebbene gli Stati Uniti stiano già programmando la exit strategy, la FED continua ancora a iniettare liquidità nel sistema per 1.000 miliardi di dollari l’anno. Il Giappone non è da meno, tanto che negli ultimi mesi ha lanciato una vera e propria politica di svalutazione dello yen per rilanciare la proipria economia.

La Bank of Japan inietterà liquidità per 700 miliardi di dollari l’anno per almeno due anni, allo scopo di stimolare crescita e inflazione. La BCE ha tagliato i tassi allo 0,5%, ma per il resto non è andata oltre le due operazioni di LTRO lanciate tra fine 2011 e inizio 2012. E poi c’è il tema delle aspettative. L’Europa ha sofferto molto la crisi negli ultimi 2-3 anni e gran parte dei listini azionari europei sono rimasti al palo (tranne Francoforte, che ha anche aggiornato i top assoluti). Goldman Sachs stima che da gennaio a maggio gli investitori americani hanno investito 65 miliardi di dollari in azioni europee, puntando soprattutto su Spagna e Italia, visto che le borse di questi due paesi hanno arrancato molto negli ultimi anni restando decisamente indietro rispetto ad altre borse europee, americane e giapponesi.

Questo flusso di denaro proveniente da Oltreoceano favorisce l’apprezzamento dell’euro, senza contare l’appeal dei bond pubblici di paesi come l’Italia, la Spagna o il Portogallo, che presentano rendimenti davvero molto elevati rispetto ai paesi “core” europei o agli Stati Uniti o al Giappone. I grandi fondi di investimento americani e asiatici non si sono lasciati scappare questa opportunità e hanno investito massicce quantità di denaro nei paesi della periferia europea per sfruttare i potenziali rendimenti elevati su bond e borse. E’ una vera e propria caccia ai rendimenti, in una fase storica caratterizzata da un mercato a tassi zero.

Infine, ci sono anche altri due fattori alla base dell’apprezzamento dell’euro. In primis le aspettative di ripresa economica, dopo anni di rallentamento e/o recessione. E poi c’è il bilancio della BCE. A Francoforte non hanno di certo fatto grandi manovre monetarie per immettere liquidità nel sistema, anzi hanno addirittura drenato liquidità. Lo dimostra il bilancio dell’Eurotower che da febbraio si è ridotto da 3.000 miliardi a 2.300 miliardi di euro, dopo che le banche europee hanno restituito ben 700 miliardi dei 1.000 presi in prestito attraverso le due operazioni di LTRO di dicembre 2011 e inizio febbraio 2012.

L’euro si sta dunque apprezzando più del dovuto, ma quanto vale realmente? Secondo i broker internazionali e le grandi banche d’affari, il valore del tasso di cambio euro-dollaro dovrebbe aggirarsi intorno a 1,20. Ormai sono tante le case di investimento che hanno rilasciato report e raccomandazioni contenenti indicazioni di un cambio euro-dollaro intorno a 1,25 o a 1,20. Insomma, valori sopra 1,36 non sono giustificati dai fondamentali economici, ma se la BCE non farà qualosa per frenare la corsa dell’euro (taglio dei tassi o lancio di una nuova LTRO) allora non è improbabile assistere a un nuovo balzo del cambio euro-dollaro anche fino a 1,40.

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