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Il Financial Times critica duramente l’Abenomics: strategia vincente per il Giappone? Sì, ma a discapito dei suoi vicini

mercoledì 22 maggio 2013, di Erika Di Dio

Abenomics, il nome dato all’esperimento di stimoli monetari e fiscali del Giappone, è progettato per terminare la deflazione cronica, secondo Shinzo Abe, primo ministro del paese. Ma vi è ancora poca prova di inflazione. Il mondo ha semplicemente visto una forte svalutazione dello yen. Tale svalutazione è sia insostenibile sia ingiusta per gli altri paesi.

Da dicembre lo yen ha perso circa il 25 per cento del suo valore rispetto al dollaro USA e ancora di più contro il renminbi cinese e il won coreano. Di conseguenza le esportazioni del Giappone hanno subito un’accelerazione e sono state responsabili di quasi la metà del suo annualizzato 3,5 per cento di crescita del prodotto interno lordo nell’ultimo trimestre. Il tasso più veloce delle esportazioni ha portato in su gli utili attesi delle grandi aziende e, di conseguenza, l’indice del mercato azionario giapponese del 50 per cento. Ma i prezzi al consumo core rimangono inferiori rispetto ad un anno fa. Piuttosto che aumentare le aspettative di inflazione, Abenomics ha semplicemente generato aspettative di ulteriore svalutazione.

Abenomics, politica ingiusta

Una ripresa del genere è ingiusta in quanto va a discapito dei partner commerciali del Giappone. In Corea del Sud, Oh Hyun-seok, ministro delle finanze, il mese scorso ha detto che l’apprezzamento del won contro lo yen è un problema più grande rispetto ad esempio alla possibilità che la Corea del Nord lanci un missile nucleare.

La Cina è diventata de facto l’ammortizzatore per Abenomics. Per gli ultimi tre anni il surplus commerciale della Cina è stato in costante diminuzione in percentuale del suo PIL, da oltre il 5 per cento a circa il 2 per cento. In termini di valore assoluto, il surplus è sceso da circa 300 miliardi di dollari a quasi 200 miliardi di dollari. Nel frattempo, il tasso di cambio nominale del renminbi nei confronti del dollaro si è apprezzato di circa il 20 per cento dal luglio 2010. L’inflazione cinese è stata di circa il 2 per cento superiore a quella degli Stati Uniti nello stesso periodo, così il tasso di cambio reale si sta apprezzando più velocemente.

Gli esportatori cinesi non hanno bisogno di una svalutazione dello yen. Molti prodotti cinesi sono in forte competizione con gli equivalenti giapponesi - basti pensare alle macchine fotografiche e ai televisori. La svalutazione dello yen sta danneggiando i produttori di questi beni. Questo è un momento in cui le esportazioni giapponesi verso la Cina sono in aumento a causa della relativa quiete nella disputa sulle isole nel Mar Cinese Orientale.

Una ripresa giapponese basata sulla svalutazione non può durare. La ragione più importante per dire questo è la geopolitica. Sullo sfondo del quantitative easing da parte di diverse banche centrali tra cui Giappone, la Cina, Taiwan e la Corea del Sud stanno tutte affrontando il problema dell’apprezzamento valutario. I sentimenti nazionalistici contro il signor Abe sono alti. Forti reazioni di politica economica da parte dei vicini del Giappone sono quasi inevitabili.

Se la svalutazione dello yen continua, la Cina e la Corea del Sud potrebbero iniziare ad interferire nei mercati dei cambi per fermare l’apprezzamento delle loro valute. Controversie commerciali potranno emergere nei confronti di alcune esportazioni giapponesi. Infine, gli investimenti giapponesi verranno messi sempre più sotto controllo.

Cambio di strategia

Il Giappone ha bisogno di tornare ai valori fondamentali dell’economia. In particolare, si dovrebbe cercare di aumentare il valore del patrimonio attraverso un potenziamento delle attività economiche nazionali. L’elemento più importante dovrebbe essere un maggior grado di investimenti da parte delle imprese, il che manca, nonostante l’attuale boom delle esportazioni. Questa è un’indicazione del fatto che i dirigenti aziendali del Giappone non credono che l’apprezzamento valutario sia sostenibile.

Soprattutto, il governo giapponese ha bisogno di attuare la liberalizzazione di varie normative per consentire alle imprese di investire liberamente. Ha bisogno di liberalizzare il mercato del lavoro per consentire alle imprese di assumere più lavoratori, per migliorare la concorrenza, e per incoraggiare gli investimenti da parte delle piccole imprese attraverso un maggiore accesso al credito. Senza questo duro lavoro, le attività economiche reali non potranno recuperare velocemente e la deflazione continuerà - nonostante l’enorme quantità di denaro stampato. Questa è una lezione che il mondo ha appreso attraverso varie crisi finanziarie. Anche il Giappone dovrebbe ora impararla.

Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: Financial Times

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