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IMU, decreto approvato: una beffa per banche, aziende, ma anche per i cittadini. Ecco perché

giovedì 28 novembre 2013, di Marta Panicucci

Sembra essersi conclusa ieri pomeriggio la partita sull’Imu che domina, ormai da mesi, le cronache economiche e il dibattito politico. Portata avanti dal centrodestra come bandiera elettorale e appoggiata anche dall’esecutivo Letta, è stata approvata la cancellazione della seconda rata. Abbiamo assistito a mesi di balletti, passi avanti e indietro su criticità come la copertura finanziaria, la platea degli esentati ed eventuali detrazioni. Il decreto è stato approvato e, a quanto pare, non accontenta quasi nessuno degli attori coinvolti.

Banche e assicurazioni

Banche e assicurazioni sono già sul piede di guerra, tanto da minacciare anche il ricorso alla Corte Europea. Primi a criticare la decisione finale del governo, Abi e Ania che commentano duramente: “se fosse confermato l’aumento dell’aliquota Ires solo per le banche e le assicuazioni si tratterebbe di una norma discriminatoria con evidenti profili di incostituzionalità, e in ogni caso da comunicare preventivamente a Bruxelles in quanto si potrebbe configurare una violazione delle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato.”

Aziende

Altra voce critica è quella del numero uno di Confindustria Squinzi che sottolinea la diversità di trattamento riservata ai capannoni industriale rispetto ai terreni agricoli. Mentre i secondi infatti sono entrati nella platea degli esentati, i primi sono chiamati alla cassa della rata Imu.

A margine di un’incontro alla Bocconi, Squinzi commenta: “E’ chiaro che ci aspettavamo un trattamento paritario. I terreni agricoli sono mezzi di produzione come i capannoni e altre proprietà di impresa. Non possiamo condividere un diverso trattamento.”

Il decreto Imu ha scontentato banche e ssicurazioni su cui grava la copertura finanziaria del decreto, ma anche le aziende costrette a pagare l’Imu sui i capannoni industriali e acconti più salati di Ires e Irap fissati al 102,5%.

I cittadini

E i cittadini? A rischio stangata pure a loro, almeno coloro che risiedono nei comuni che hanno alzato le aliquote nel 2013. Il dibattito e le discussioni dei mesi scorsi hanno avuto come risultato un cortocircuito tra promesse politiche e realtà dei fatti, per cui milioni di contribuenti saranno costretti a pagare più di prima.

Nella politica dell’assurdo italiana infatti, il rimborso degli aumenti decisi quest’anno dai sindaci rischia di costare ai contribuenti di più rispetto a quando la tassa era pienamente in vigore. I cittadini quindi non hanno molto da festeggiare, dal momento che l’abolizione della seconda rata dell’Imu sembra quasi una beffa: la quota mancante dell’Imu 2013 a carico dei contribuenti è superiore al totale dell’imposta pagata nel 2012.

E ancora. A quanto pare, più basso è il valore della casa o più alto è il numero dei figli (per i quali nel 2012 erano previste detrazioni sull’Imu), più è facile che la quota dovuta dai contribuenti nel 2013 sia maggiore dell’imposta pagata nel 2012. Ad essere interessate città come Milano, Napoli, Brescia, Verona, Reggio Calabria, ma la lista può allungarsi; c’è tempo fino al 9 dicembre, data ultima per la pubblicazione delle aliquote da parte de comuni.

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