Home > Altro > Archivio > Grecia in deflazione. La via per evitare il contagio è seguire il modello (…)
Grecia in deflazione. La via per evitare il contagio è seguire il modello giapponese?
mercoledì 17 aprile 2013, di
Il Fondo monetario internazionale ha pubblicato ieri il Global economico outlook da cui emerge che per i paesi dell’Eurozona la strada per l’uscita dalla crisi è ancora in salita e la ripresa appare sempre più lontana. Domani si aprirà il G20 finanziario nel corso del quale i grandi paesi mondiali discuteranno delle questione economico-politiche che affliggono gran parte degli stati in crisi. E’ probabile quindi che si parli anche di Europa e del rischio sempre più concreto che anche il Vecchio Continente cada in deflazione. Il primo paese ufficialmente in deflazione, in cui i prezzi scendono invece che salire, è la Grecia.
Deflazione in Grecia
La Grecia a marzo ha registrato una decrescita dei prezzi dello 0.2%, cosa che non accadeva dal lontano 1968 anno della dittatura dei colonnelli. Guardando all’Europa e al dato sull’inflazione aggregata che a marzo è scesa all’1.7%, è facile iniziare a temere il contagio dalla Grecia. La domanda sorge quindi spontanea: l’Europa rischia che all’ attuale crisi strutturale che l’affligge da 5 anni si aggiunga la decrescita dei prezzi?
Prova a dare una risposta Holger Sandte, analista di Nordea che dichiara:
"la deflazione è molto di più di un calo dei prezzi del consumo: è salari, entrate e flussi di credito. È difficile da arginare se le politiche dei tassi sono ancora vicine allo zero. La Grecia era già in deflazione prima che arrivasse la notizia di un calo dei prezzi dei consumi. In effetti gran parte dei Paesi del sud Europa mostrano sintomi di deflazione in quanto il credito e i flussi delle entrate si stanno restringendo. Questo spiega perché la Bce pensa a 360 gradi a come supportare i prestiti delle banche al settore corporate in generale e ad imprese di piccole e medie dimensioni in particare. La Bce è consapevole del rischio di deflazione. Solamente non pronuncia la parola perché suona minacciosa."
La soluzione giapponese
Nell’ area dell’euro i consumatori spendono e investono meno, questo si ripercuote sul PIL e sull’inflazione. Per uno Stato è di certo negativo avere un tasso di inflazione troppo elevato, ma allo stesso tempo, è negativo anche il contrario, un tasso basso o addirittura nullo di inflazione. Il Giappone in questo senso ne sa qualcosa. Sono 15 anni che tenta di uscire dall’aspirale della deflazione in cui è precipitato nel 1990 con il crac del sistema bancario.
Nei giorni scorsi ha annunciato un piano di quantitative easing grazie al quale la Bank of Japan in 36 mesi immetterà nel sistema liquidità per una somma vicino al PIL italiano. L’obiettivo è quello di riportare l’inflazione in Giappone, puntando a far crescere il costo della vita di almeno il 2%.
Secondo Gabriele Rochi di Invest Banca la situazione Europea ha delle caratteristiche in comune con quella giapponese:
"Oggi il nostro Paese e l’Europa in generale sono nella stessa situazione del Giappone, popolazione in tendenziale invecchiamento che pensa a conservare e meno a consumare e quindi non alimenta la corsa agli acquisti che è uno degli elementi che causano l’inflazione. Credo che la tendenza deflattiva debba essere cercata nella struttura demografica: il nostro Paese e l’Europa intera sono oggettivamente sulla via giapponese con tutto quello che ne consegue. Il tentativo di innescare inflazione attraverso il credito facile è un estremo tentativo, peraltro in Giappone già nei primi anni 2000 si è provata questa via ma i risultati sono stati chiaramente deludenti. I cattivi maestri degli interventi monetari non convenzionali continuano a provare la stessa soluzione, che nei numerosi tentativi precedenti non ha mai funzionato, aumentando la dose di liquidità, non tenendo conto del semplice ed elementare fatto che "se il cavallo non beve è inutile tenerlo tutto il giorno davanti alla fonte".. o peggio provocare un’alluvione"