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Disoccupazione Italia 2013: i nuovi dati del FMI
mercoledì 9 ottobre 2013, di
Il Fondo Monetario Internazionale conferma le previsioni di Luglio. Il tasso di disoccupazione nel nostro paese si attesterà nel 2013 ad un drammatico 12,5% contro un 12,4% registrato nel 2012, in linea con la media dell’area euro (12,3% nel 2013 e 12,2% nel 2014). Poco più rassicuranti le stime per la crescita del Pil. Nel 2014 l’Italia dovrebbe infatti registrare un modesto +0.7% (dovuto interamente all’ aumento dell’export), a fronte di un -1.8% nel 2013 e di un -2.4% del 2012.
Già a a settembre l’istituto con sede a Washington si era espresso sulla situazione occupazionale italiana in un documento in cui veniva sottolineata l’urgenza di profonde riforme strutturali atte alla creazione di nuovi posto di lavoro.
Quali riforme?
Secondo gli esperti dell’Istituto bisogna proporre programmi di aiuto per coloro che cercano lavoro, semplificare i contratti e, punto fondamentale, decentralizzare la contrattazione salariale.
Al riguardo così si esprime Sergi Lanau, economista del Fondo:
Nel mercato del lavoro italiano la contrattazione salariale è molto centralizzata; un decisivo spostamento della contrattazione a livello aziendale o d’impresa sarebbe auspicabile, poichè aprirebbe lo spazio per maggiori aumenti occupazionali, salariali e della produttività.
Niente di nuovo sul fronte occidentale
L’idea di "alleggerire" e decentralizzare la contrattazione riecheggia ormai da molto tempo nei comunicati del FMI o di altre istituzioni come l’UE o la BCE. Gli effetti sull’occupazione di tali misure sono però assai dubbi e sono stati messi in discussione da autorevoli economisti (ad esempio Baker, Glyn, Howell, Schmitt, 2005; Michie and Sheehan, 2003; Alexiou e Tsaliki. 2009).
Inoltre, non si può di certo dire che l’Italia non abbia adottato le misure che il FMI ci rammenta continuamente, specialmente per quanto riguarda l’adozione di alleggerimenti contrattuali. Nel ’97, infatti, con il pacchetto Treu vennero introdotti nel nostro paese i contratti di lavoro atipici, disciplinanti la possibilità per le aziende di assumere manodopera per il tempo desiderato, sia come orario che come durata nel tempo, possibilità limitata, fino ad allora, per il settore industriale.
Contratti atipici e disoccupazione
La crescente flessibilità del mercato del lavoro italiano è stata analizzata in un contributo dell’Istat datato 2012, in cui viene affermato che dal 2008 al 2012
Dopo che nella prima fase della crisi i lavoratori a termine sono stati i primi ad essere espulsi dai processi produttivi, in molti paesi europei l’incidenza del lavoro temporaneo sta crescendo. L’Italia ha seguito queste tendenze
.
In modo particolare,l’occupazione standard (ossia il numero di occupati assunti con fomre contrattuali a tempo indeterminato) perde peso rispetto ad altre forme soprattutto per i giovani e per i 30- 49enni. Per i primi sono le forme atipiche a guadagnare spazio, per gli altri è invece soprattutto il part time a crescere di importanza. Nel 2012 i lavoratori atipici sono cresciuti del 3,3 per cento rispetto al 2011 (3,1 per cento per i dipendenti a termine e 4,1 per cento per i collaboratori) e ciò è avvenuto soprattutto nel Centro-Nord e nelle aziende sotto i 15 dipendenti, mentre sono diminuiti nei servizi generali dell’amministrazione pubblica, nell’istruzione e nelle imprese di media-grande dimensione.
L’occupazione "atipica" sul totale passa dal 23% del 2008 al 25.5 del 2012, confermando una tendenza all’aumento già in atto dal 2002.
Considerando che secondo i dati stimati dalla Commissione Europea, elaborati con tecniche diverse rispetto a quelle del FMI, il tasso di disoccupazione per l’economia italiana nel suo complesso passa dal 6.7% del 2008 all’11.8% del 2013, la maggiore incidenza dei contratti atipici non ha particolarmente giovato all’occupazione in Italia, tenendo conto della fase recessiva che il nosto paese sta attraversando.