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Cina, crolla il mercato azionario. Il governo accusa: “Colpa degli stranieri ostili”

sabato 11 luglio 2015, di Claire Giangravè

Il mercato azionario cinese ha chiuso in rialzo giovedì, dopo le pesanti perdite subite nei giorni precedenti a causa dello scoppio della bolla speculativa.
Il governo cinese, nel tentativo di limitare il crollo, ha infatti vietato a qualsiasi investitore, anche straniero, che detiene più del 5% delle azioni quotate a Shanghai o a Shenzhen di vendere per i prossimi sei mesi.

Il governo cinese con l’appoggio dei sistemi mediatici ha posto a responsabile del collo di mercoledì le azioni di personaggi ostili e loschi stranieri che hanno venduto al ribasso.

Il giornale Ming Pao afferma che degli speculatori malintenzionati hanno preso di mira la Cina.

Il Ministero della Pubblica Sicurezza cinese sta mettendo in atto un piano per reagire a questo fantomatico “attacco ostile”. In un comunicato hanno detto di voler lanciare un’investigazione riguardo alle “azioni illegali” riguardanti l’“ostile vendita a ribasso”.

Mentre la stampa e il governo si apprestano a trovare un colpevole all’estero, chiudono un occhio di fronte all’atteggiamento rischioso e irresponsabile dei propri azionisti la cui svendita maniacale è costata alle azioni cinesi ben 3.5 miliardi di dollari nel valore di mercato.

Già quattro giorni fa il China Times, quotidiano pro-cinese basato a Taiwan, ha accusato George Storos, Morgan Stanley, Credit Suisse e Bill Gross di utilizzare enormi fondi di denaro per affrettare la svendita.

Il giornalista Liao Baoping scrive che non si tratta della prima volta che la Cina fa "lo scaricabarile" quando crolla il mercato:

"Molte persone vogliono cercare di accomunare atteggiamenti speculativi con la sicurezza nazionale perché sperano che il governo cinese intervenga e introduca nuove politiche per salvare il mercato"

Gli investitori al dettaglio in Cina altamente esposti alla leva finanziaria sono ora pronti a vendere ogni rimbalzo, nel tentativo di chiudere in pareggio, un atteggiamento in netto contrasto con quello che ha prevalso sulle borse cinesi fino a giugno.

Ora, ogni intervento nel governo sul mercato serve solo a far sembrare Pechino ancora più disperata, il che si traduce in un danno maggiore al sentiment dei consumatori, il che porta ad una mole maggiore di vendite in un circolo vizioso.

Che George Soros stia capitalizzando sulla carneficina in atto nella Borsa cinese non si può dire, ma è certo che Soros, Gross, la Morgan Stanley e Credit Suisse sono probabilmente i problemi meno gravi per la Cina nel breve termine.

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