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Crisi Eurozona: a che punto ci troviamo? Il ruolo delle esportazioni

venerdì 15 febbraio 2013, di Erika Di Dio

La contrazione dello 0,6% nel quarto trimestre per l’Eurozona è stata peggiore del previsto e, in quei paesi che hanno pubblicato le proprie statistiche, ha mostrato grandi debolezze, che vanno dalla finora immune economia tedesca ai noti casi problematici, come quello del Portogallo.

Una continua e profonda recessione

Con il blocco intero in profonda recessione, l’economia della Germania, come previsto, è scivolata in retromarcia negli ultimi tre mesi dell’anno, registrando una contrazione dello 0,6%. L’altra grande economia della zona euro, la Francia, si è contratta dello 0,3% .L’Italia, a 10 giorni di distanza dalle elezioni, ha registrato una contrazione del Pil dello 0,9%, mentre il Portogallo si è ridotto dell’1,8% e anche le economie più forti dei Paesi Bassi e dell’Austria si sono contratte.

I dati sono tutti cosiddetti "stime flash" senza una spiegazione dettagliata di ciò che ha spinto la debolezza, anche se l’Ufficio Federale di Statistica della Germania ha detto che la contrazione tedesca è stata causata da un rallentamento delle esportazioni e da minori investimenti in impianti e macchinari, in quanto le aziende hanno iniziato a preoccuparsi per l’effetto sulla domanda della crisi del debito sovrano.

In paesi come il Portogallo, e, in misura minore, anche in Francia, le drastiche misure di austerità e l’elevata disoccupazione stanno colpendo la domanda e quindi la produzione.

In mezzo a tutto il buio, la grande speranza è sempre stata che l’austerità porterà sotto controllo i disavanzi di bilancio nazionali, mentre le riforme strutturali, in particolare nel mercato del lavoro, aiuteranno ad alimentare una graduale ripresa trainata dalle esportazioni, migliorando la competitività.

I dati di giovedì non sono ancora cambiati. La Germania, in particolare, con un record negativo di disoccupazione e, per i suoi standard storici, un mercato del lavoro relativamente flessibile, è pronta a beneficiare di una ripresa.

Christian Schulz, economista di Berenberg Bank, ha detto che la contrazione tedesca "potrà servire come trampolino di lancio per una ripresa a V in Germania", ma ha aggiunto che "i problemi di competitività e le esigenze di regolazione significano che la Francia rimane su di un pendio scivoloso verso la crisi finanziaria".

"Ottobre 2012 è stato probabilmente il solco della recessione", ha detto Schulz.

Il ruolo delle esportazioni

Ma le speranze riposte sulle esportazioni rendono il recente apprezzamento dell’euro, e le discussioni sulle svalutazioni valutarie competitive di tutto il mondo, tanto più preoccupanti per i responsabili politici. Un euro più forte colpirà le esportazioni e rischia così di tagliare un recupero prima ancora che inizi.

La Banca centrale europea ha sottolineato che l’euro rimane all’interno del suo tasso medio a lungo termine e che il mandato della banca è quello di colpire l’inflazione, non i tassi di cambio. Ma, accennando a possibili azioni da seguire, ha aggiunto l’apprezzamento dell’euro alla sua lista dei "rischi al ribasso" per l’inflazione.

Il tasso euro / dollaro in base al quale gli esportatori riescono a rimanere competitivi varia molto a seconda del settore e del paese, ma, in generale, le imprese della Germania, molte delle quali sono sorte sotto il sole di un forte marco tedesco, sono considerate in grado di tollerare un euro più forte rispetto alla maggior parte degli altri paesi.

Il vantaggio tedesco

Axel Weber, presidente della banca svizzera UBS ed ex capo della Bundesbank, ha sottolineato che le imprese tedesche non dovrebbero trascurare la misura in cui esse hanno guadagnato durante la crisi grazie ad un euro relativamente debole.

"Se si guarda alle esportazioni tedesche e le si confronta con quelle svizzere, per oltre 20 anni sono state curve completamente parallele", ha detto e ha aggiunto, "Quando la crisi finanziaria è iniziata nel 2007, le esportazioni svizzere sono rimaste stabili o sono un po’ cadute quando le esportazioni tedesche sono cresciute in modo sproporzionato. Questo è un vantaggio competitivo acquisito dal fatto di trovarsi in un’unione monetaria con membri più deboli, il che aiuta l’economia tedesca".

Mario Draghi, presidente della BCE, si è finora aggrappato alle previsioni della banca secondo cui la crescita riapparirà in tutta la zona euro nel secondo semestre dell’anno. Con il suo tasso di rifinanziamento principale al 0,75%, e il tasso di deposito allo 0%, il taglio dei tassi di interesse potrebbe comportare l’introduzione del suo primo tasso di interesse negativo.

Vitor Constâncio, vice-presidente della BCE, ha ribadito giovedì che la banca ha eseguito i preparativi tecnici necessari per adottare un tasso di interesse negativo, se decidesse di introdurne uno. "Non è chiaro, è una possibilità", ha detto a Bruxelles, mentre punta il dito all’esperienza dei tassi negativi in Danimarca che, invece di stimolare i prestiti bancari, hanno spinto le banche a pagare di più i mutuatari, al fine di compensare la propria necessità di pagare la banca centrale per riporre più denaro lì.

Tra i timori più elevati riguardanti un’imminente "guerra delle valute", la BCE probabilmente sentirà più pressione a intraprendere qualche tipo di misura.

Jonathan Loynes, economista di Capital Economics, ha detto, "I vincoli ideologici e istituzionali hanno fatto sì che essa in qualche modo essa avesse avuto sempre la tendenza ad operare "dietro la curva" fino a quando non si è trovata di fronte alla prospettiva di un disastro imminente o un’irresistibile pressione esterna ad agire".

Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: Cnbc

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