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Giustizia amministrativa nel caos: Consiglio di Stato coinvolto nel caso Consip

giovedì 18 maggio 2017, di Simone Micocci

Scandalo Consip: per il Consiglio di Stato si prospetta l’accusa per corruzione in atti giudiziari. Secondo i magistrati che stanno indagando sullo scandalo Consip alcuni giudici del Consiglio di Stato, infatti, potrebbero avere avuto un ruolo determinante nel processo che ha portato all’assegnazione, illecita, degli appalti pubblici.

Lo ha rivelato L’Espresso, riportando la notizia per cui secondo quattro magistrati della Procura di Roma, la quale sta indagando sulla soffiata con la quale l’ad di Consip (Luigi Marroni) è venuto a conoscenza delle cimici messe dagli inquirenti nel suo studio, diversi esponenti del Consiglio di Stato potrebbero essere al centro di un sistema di compravendita delle sentenze.

D’altronde che il caso Consip fosse una bomba pronta a scoppiare si sapeva da tempo; dopo il padre di Renzi e il generale dei Carabinieri Tullio del Sette, anche i vertici di Palazzo Spada potrebbero essere coinvolti. Un duro colpo per la giustizia amministrativa, poiché qualora le accuse venissero confermate ne seguirebbe una perdita di fiducia verso il complesso delle tutele giurisdizionali nei confronti degli enti pubblici in Italia.

Attualmente le indagini della Procura di Roma si stanno muovendo per capire se ci sono gli estremi per l’accusa di corruzione per atti giudiziari; diversi indizi in mano agli inquirenti infatti sembrano confermare il pieno coinvolgimento del Consiglio di Stato in quello che senza dubbio è uno degli scandali pubblici più rilevanti degli ultimi anni.

Consiglio di Stato coinvolto nel caso Consip?

Il Consiglio di Stato, organo di giurisdizione amministrativa preposto alla tutela degli interessi legittimi nei confronti della Pubblica Amministrazione italiana, potrebbe aver avuto un ruolo di primo piano all’interno del sistema intricato che ha portato all’assegnazione illecita di incarichi pubblici.

D’altronde non poteva essere altrimenti visto sono proprio i giudici del Consiglio di Stato ad avere l’ultima parola su quanto deciso dalla Consip in materia d’appalti e non solo. La prassi vuole, infatti, che quasi ogni procedura di gara pubblica, per la quale sia stato fatto l’appello al TAR, venga giudicata dal Consiglio di Stato il quale ha l’ultima parola su chi deve ricevere l’incarico.

Nel dettaglio, le indagini sono partite da un’intercettazione tra l’ex deputato Italo Bocchino ed Alfredo Romeo, l’imprenditore accusato di corruzione. Nella telefonata tra i due Bocchino parla dell’avvocato di Romeo, Stefano Vinti, definendolo un possibile “negoziatore di cause” all’interno del Consiglio di Stato.

Ma è dalla perquisizione dello studio dell’avvocato Piero Amara, accusato di frode fiscale e false fatturazioni, che è uscito il nome più rilevante: si tratta di Riccardo Virgilio, lo scorso anno presidente della Suprema Corte di Giustizia. Secondo quanto rilevato dagli inquirenti Virgilio, al quale è stato destinato il diritto di opzione per il controllo della società Teletouch di proprietà di Amara e di Andrea Bacci (socio in affari di Tiziano Renzi), sarebbe il “gancio” con la giustizia amministrativa.

Consiglio di Stato: l’alter ego di Romeo

Infine, la terza persona che si pensa possa aver avuto un ruolo fondamentale nelle trattative “sommerse” con il Consiglio di Stato è Ezio Bigotti, assistito anche lui dallo studio legale di Amara e molto vicino a Verdini.

In base a quanto rilevato dalle intercettazioni, lo stesso Romeo temeva il sistema messo su da Bigotti, persino più forte del suo.

Secondo quanto dichiarato in un esposto inviato da Romeo alla Consip e all’Anac, Bigotti era in grado di organizzare dei veri e propri “cartelli” per vincere appalti insieme a partner molto importanti; raramente infatti è uscito sconfitto dal TAR o dal Consiglio di Stato. Molte delle cause, tra l’altro, sono state vinte proprio contro Romeo.

Anche Bigotti, il quale gestisce servizi della Pubblica Amministrazione in una decina di Regioni italiane, è finito sotto l’occhio della Procura di Roma che ha perquisito le sue aziende. Nel corso dei controlli sono state trovate diverse fatture, per oltre un milione di euro, emesse dallo studio di Piero Amara a favore della STI SpA di Bigotti. Ecco perché anche lui è finito nel registro degli indagati.

D’altronde, chi lo conosce bene lo definisce come uno dei “migliori architetti delle gare pubbliche”, anche grazie alla sua capacità di allearsi con aziende più grandi della sua per ricevere gli incarichi pubblici più ambiti. Quello che si chiedono gli investigatori è se è solo la sua capacità imprenditoriale ad averlo reso un “campione” di ricorsi al Consiglio di Stato oppure se c’è dell’altro.

La situazione è in continua evoluzione, quindi non sappiamo se i dubbi della Procura saranno confermati e se il Consiglio di Stato non è veramente così “imparziale” come si credeva (o sperava), ma vi terremo aggiornati non appena ci saranno novità.

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