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Le ultime risorse pubbliche “sequestrate” dalle società dello Stato

venerdì 27 ottobre 2017, di Erasmo Venosi

I dati di Statistical Yearbook 2017 evidenziano il dramma della occupazione nel Paese.

Dati che dovrebbero indurre ad un uso parsimonioso e redditizio delle sempre più scarse risorse pubbliche. Invece la tendenza è quella di “sequestrare” quante più risorse sono possibili, indipendentemente dalla realistica realizzabilità in un arco temporale decente pur di garantire ad apparati di scialare nella greppia sempre più vuota della spesa pubblica.

La vittoria degli apparati tecnici, anche di società pubbliche sulle regole scritte, a tutela del cittadino e degli interessi generali segna il nostro tempo.

Un tempo sostanzialmente anarchico, tracciato dalla tracotanza di grumi di potere che si annidano in società ridicolmente private sul piano giuridico, ma dove il privato non mette nemmeno un euro.

Società alle dipendenze delle “locuste” all’assalto delle risorse residue dello Stato, prevalentemente tondinari, cementieri, intermediari finanziari, mallevadori di partito inteso come comitati d’affari, insensibili al default dello Stato.

Bande autoreferenziali al punto che tra il 2000 e il 2016 l’Italia ha realizzato la quarta più lenta crescita economica mondiale del ventunesimo secolo, considerando il PIL reale.

Peggio han fatto solo Grecia, Zimbabwe e Yemen .

Abbiamo realizzato un miserrimo 1% di crescita cumulata in 16 anni. Dati inquietanti sui giovani disoccupati e sul dramma dei disoccupati laureati, che iniziano a migrare in massa si leggono invece su Statistical Yearbook 2017.

Parametri che misurano il fallimento di un’intera classe dirigente che ha delegato il futuro a tecnocrazie affascinate e prigioniere di dogmi, ma anche di scambio con guarentigie e prebende offerte da gruppi di potere transnazionali e non.

Il caso della stazione di Verona Porta Nuova

Questa introduzione, per riportare l’ultima delle truffe, intese come applicazione a “usum delphini” di norme dello Stato. Il riferimento è all’attivazione della procedura iniziata da una società delle ferrovie sul progetto che riguarda la stazione di Verona Porta Nuova (nodo est di Vr).

Un modo per accelerare le autorizzazioni e “sequestrare” le risorse statali possibili nei prossimi anni.

Un nodo che dovrebbe servire la linea av Brescia/Verona/Padova che manca di almeno sei miliardi per la realizzazione.

Pressioni lobbistiche di natura politico-affaristico territoriale, accolte da una tecnocrazia estranea agli interessi generali hanno inciso nel passato e continuano ad incidere oggi nelle angoscianti prospettive di questo Paese.

Da sempre le regole sono poste alla tutela e al bilanciamento degli interessi contrapposti e/o complementari. Negli ultimi tempi stiamo assistendo alla selezione delle norme con l’assurdo della “emersione/applicazione” di norme abrogate. Già nell’uso dei termini emerge la volontà di aggiramento delle norme.

Usano nel progetto del “nodo est” l’abolito termine di progetto preliminare, dell’abrogata e famigerata legge obiettivo in luogo del “progetto di fattibilità” sviluppato a un accettabile livello di dettaglio (art 5 comma lettera g) T.U. ambientale modificato).

Evitare la partecipazione dei cittadini diventa un obiettivo nemmeno nascosto. Si può spiegare diversamente la limitazione della partecipazione consentendo i 30 giorni della legge obiettivo abrogata, per partecipare attraverso la presentazione di osservazioni al procedimento? Il dibattito pubblico? Previsto dal codice appalti di 19 mesi fa subordinato a un decreto del ministero delle infrastrutture emesso a giugno e fino ad oggi “desaparecidos”.

Citano nell’avviso pubblico il nuovo codice abrogato in riferimento ad un articolo che obbliga per le opere la cui VIA è iniziata prima del nuovo codice, la conclusione con le vecchie norme. Interpretazione questa dell’ANAC di Cantone.

Omettono una questione fondamentale. La VIA precedente, di quasi un decennio fa, riguardava l’intero nodo di Verona. Inoltre la delibera di approvazione non fu mai pubblicata in GU, per il rifiuto della Corte dei Conti di registrarla.

Costoro hanno diviso il nodo in due pezzi con due distinti procedimenti di valutazioni. Un orrore procedurale anche rispetto all’ultima direttiva sulla VIA.

Reazioni politiche delle opposizioni nazionali e locali? Zero! In una Città d’arte dove da 8 anni manca il Piano Urbano Generale dei Servizi del Sottosuolo. Altro che centralità dei cittadini e sviluppo sostenibile.

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