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L’Europa contro il regime di anonimato per le valute virtuali
sabato 5 maggio 2018, di
I “prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali” e i “prestatori di servizi di portafoglio digitale per le valute virtuali” dovranno applicare, come è previsto per le banche, controlli di due diligence e di verifica sulla propria clientela, per porre fine al regime di anonimato associato alle valute virtuali.
Inoltre, queste piattaforme e questi prestatori di servizi dovranno essere registrati in un apposito registro pubblico.
Sono queste le modifiche in tema di criptovalute e servizi connessi contenute nella cd. V direttiva antiriciclaggio, che andrà ad aggiornare la Direttiva 849/2014.
Regime di anonimato per le valute virtuali, la posizione di Bruxelles:
“Esprimiamo soddisfazione per l’adozione da parte del Parlamento europeo della quinta direttiva antiriciclaggio. Queste nuove norme apporteranno maggiore trasparenza e consentiranno di potenziare la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo in tutta l’Unione europea ma di criptovalute e servizi connessi” è stato il commento entusiasta dei più alti vertici della Commissione europea al via libera del Parlamento di Strasburgo.
La ratio del provvedimento
L’intervento del Legislatore europeo è partito dalla considerazione che le attuali disposizioni in materia di individuazione delle operazioni sospette sui fenomeni di riciclaggio e finanziamento del terrorismo non includono i “prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute aventi corso legale e i prestatori di servizi di portafoglio digitale”.
Questo buco normativo potrebbe far confluire denaro di dubbia provenienza verso il sistema finanziario dell’Unione o all’interno delle reti delle valute virtuali, grazie all’anonimato che queste piattaforme garantiscono.
Da qui la necessità di ampliare la portata della Direttiva antiriciclaggio includendovi anche i “prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali” e i “prestatori di servizi di portafoglio digitale”, in modo da consentire alle autorità competenti strumenti adeguati per monitorare l’utilizzo delle valute virtuali.
Sebbene manchi una esplicita definizione di “servizio di cambio di valute virtuali”, la si può evincere da quella che la legge dà alle “valute virtuali”, intese quali “rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”.
Regime di anonimato per le valute virtuali ed obblighi di antiriciclaggio
Gli obblighi antiriciclaggio riguarderanno, pertanto, tutti quei soggetti che esercitano attività di cambio da ovvero in monete considerate a corso legale contro monete virtuali.
Gli altri soggetti interessati dall’intervento normativo europeo sono i “prestatori di servizi di portafoglio digitale”, ossia quegli operatori che forniscono “servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali”, tra cui i cd. exchanger.
Nell’ottica di potenziare gli strumenti di contrasto all’anonimato legato alle operazioni in bitcoin, la direttiva prevede anche che gli Stati membri assicurino che “i prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali, e i prestatori di servizi di portafoglio digitale siano registrati”.
Il ruolo dell’Italia
A ben vedere l’Italia ha fatto da apripista ai temi oggetto della V direttiva antiriciclaggio, avendo già introdotto nel proprio ordinamento, in occasione del recepimento della IV direttiva AML, gli obblighi di due diligence e di adeguata verifica della clientela a carico dei “prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale, limitatamente allo svolgimento dell’attività di conversione di valute virtuali da ovvero in valute aventi corso forzoso” e la previsione di un registro pubblico in cui dovranno iscriversi i prestatori di servizi inerenti alle criptovalute.