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Il ministro Costa si dimette e torna da Berlusconi, che rischi ci sono per il governo?

mercoledì 19 luglio 2017, di Alessandro Cipolla

Enrico Costa torna da Silvio Berlusconi abbandonando così sia la sua carica di ministro degli Affari Regionali sia Angelino Alfano. Alla fine quindi le attese dimissioni da parte dell’avvocato piemontese sono arrivate.

Non è stato sicuramente un fulmine a ciel sereno la notizia dell’addio da parte di Costa al governo di Paolo Gentiloni, che ha assunto ad interim la carica del dicastero degli Affari Regionali.

Continua quindi la fuga dei centristi dalla maggioranza di governo, con Silvio Berlusconi che ha accettato di buon grado il ritorno tra le fila di Forza Italia del figliol prodigo Enrico Costa, anche se iniziano a nascere anche delle preoccupazioni a riguardo.

Quello di Costa infatti non è il primo e, con ogni probabilità, non sarà neanche l’ultimo tentativo di ritorno alla casa madre di Forza Italia. Una diaspora da Alternativa Popolare verso gli azzurri che però mette a serio rischio il governo, che mai Berlusconi vorrebbe veder cadere prima della sua scadenza naturale del 2018.

Ciao Alfano, Costa torna da Berlusconi

Enrico Costa si è dimesso dal suo ruolo di ministro degli Affari Regionali, spiegando in una lettera come le sue posizioni in aperto contrasto con la maggioranza, vedi ius soli e riforma del processo penale, ormai non potevano più permettere una sua permanenza nell’esecutivo.

Dopo averla abbandonata a seguito della nascita del governo Renzi, Enrico Costa fa dunque ritorno nei ranghi di Forza Italia, partito con il quale entrò in Parlamento per la prima volta nel 2006.

Figlio dell’ex ministro e forzista Raffaele Costa, per il giovane Enrico si tratta quindi di un ritorno alle origini. Fece un po’ scalpore infatti il suo addio a Forza Italia, visto che era stato uno dei più ferventi sostenitori di Silvio Berlusconi.

Costa junior fu anche il relatore del Lodo Alfano, ovvero quello scudo per le più alte cariche dello Stato pensato proprio per venire incontro ai guai giudiziari di Berlusconi e che poi venne bocciato dalla Consulta.

Dopo essere stato vice ministro durante il governo Renzi e ministro in quello Gentiloni, come ha annusato l’aria delle elezioni politiche Costa ha preferito giocare d’anticipo abbandonando quel vascello alla deriva che ormai sembrerebbe essere l’attuale esecutivo.

L’ormai ex ministro comunque potrebbe essere soltanto uno dei primi a cercare di poter tornare, con tanto di relativo seggio sicuro, tra le fila di Forza Italia. Silvio Berlusconi al momento però non vorrebbe un esodo di massa in quanto metterebbe a rischio la tenuta dell’attuale governo.

Se Gentiloni cade infatti non ci potrà essere spazio per tornare a discutere della nuova legge elettorale, punto per l’ex premier fondamentale per cercare di tornare al governo e per impedire una vittoria del Movimento 5 Stelle.

In più, se si dovesse andare al voto prima del 2018, non arriverebbe di sicuro in tempo la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che si deve esprimere sul ricorso presentato da Berlusconi circa la sua attuale interdizione dai pubblici uffici.

Il maggior sponsor quindi per la tenuta del governo Gentiloni è quindi paradossalmente Silvio Berlusconi. Bisognerà però vedere se questo potrà bastare a non far cadere questo più che traballante esecutivo.

Gentiloni regge?

Subito dopo la notizia delle dimissioni di Enrico Costa, Lega Nord e Movimento 5 Stelle si sono subito affrettate a sottolineare come il governo perda pezzi chiedendo elezioni anticipate.

In effetti al momento la sensazione che si percepisce è che la maggioranza di governo ormai non esista più. Lo stesso slittamento del dibattimento sullo ius soli è un chiaro segnale di debolezza.

Finita l’estate però l’agenda politica sarà fitta e impervia per la maggioranza. Con gli scissionisti che non dovrebbero votare a favore della manovra finanziaria, soltanto i voti di Berlusconi potrebbero salvare il governo.

In pratica questo esecutivo sembrerebbe trascinarsi verso una lunga agonia segnata da una sostanziale inerzia. Alla fine quindi poteva aver ragione Matteo Renzi a spingere verso elezioni a giugno proprio appena dopo che aveva vinto le primarie.

La situazione attuale infatti non fa bene al Partito Democratico, che scende sempre più nei sondaggi, ma soprattutto al paese, visto che l’attuale maggioranza ha come il timore di votare qualsiasi testo per non rischiare di andare sotto. Non resta che aspettare quindi di vedere chi sarà che staccherà la spina a questo ammalato che ormai appare essere inguaribile.

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