Home > Economia e Finanza > Analisi dei Mercati > Cosa deve fare chi ha investito nel mercato cinese?
Cosa deve fare chi ha investito nel mercato cinese?
domenica 3 settembre 2023, di
Chi ha deciso di esporre il proprio portafoglio al mercato azionario di questo Paese, si trova di fronte all’ardua scelta di capire come muoversi.
Il mercato è in discesa, la situazione economica è traballante e anche gli analisti più fiduciosi iniziano ad essere pessimisti. Eppure, all’inizio dell’anno le prospettive erano tra le più promettenti.
Con il rallentamento della crescita cinese che spaventa i mercati, cosa deve fare chi ha investito in fondi comuni specializzati nell’azionario cinese?
È complicato rispondere a questa domanda.
A gennaio 2023 c’era molto ottimismo sulla Cina. Probabilmente il vostro consulente finanziario vi avrà consigliato (in buona fede, ovvio) di comprare fondi comuni oppure ETF specializzati sulla Cina.
Quando le azioni cinesi sono schizzate in alto a gennaio dopo l’abolizione delle severe restrizioni di Covid, gli strateghi di Goldman Sachs (ho ancora il report sotto mano) hanno sostenuto che un rialzo del 40% in poche settimane era solo l’inizio. Il report spiegava come “la Cina sembra ben posizionata in tutti i cicli di crescita, di stabilità politica e inflazione contenuta in un contesto globale sostanzialmente benigno nel 2023”, notando che le azioni cinesi avrebbero potuto salire di un altro 15% o addirittura 20% se il Paese fosse riuscito a lasciarsi completamente alle spalle i livelli depressi dei consumi del periodo Covid.
<leggianche|articolo=143279>
Nelle settimane successive a questo report del 10 gennaio e fino alla fine di quel mese, l’indice MSCI China è salito di quasi il 10%. Ma nonostante le previsioni ottimistiche di molte delle più grandi banche di Wall Street, il mercato era già vicino alla fine. I titoli cinesi sono scesi di oltre il 20% dal loro picco di fine gennaio, spingendo la seconda economia mondiale in un mercato orso in un 1° semestre 2023 in cui i titoli globali hanno superato le previsioni di trend al ribasso e hanno invece continuato a salire.
Le grandi speranze degli investitori per le azioni cinesi si basavano su tre fattori:
- In primo luogo, le tensioni con gli Stati Uniti si sarebbero finalmente attenuate con la ripresa dei regolari scambi diplomatici tra Washington e Pechino.
- In secondo luogo, gli analisti si aspettavano che la spesa dei consumatori cinesi sarebbe tornata a crescere in maniera robusta, dato che le famiglie erano finalmente libere di spendere tutta la liquidità “repressa” che avevano accumulato sui conti bancari durante i lockdown.
- Infine, in caso di fallimento di qualche azienda del settore immobiliare, si era certi che Pechino sarebbe intervenuta con stimoli su larga scala, come ha fatto tante volte in passato, sia al sistema bancario che al sistema industriale, anche nazionalizzando le aziende in difficoltà.
Ma l’individuazione e l’abbattimento da parte del governo statunitense di un presunto pallone spia cinese a febbraio ha fatto deragliare la nascente distensione e ha spaventato gli investitori globali, già in allarme per le ricadute finanziarie delle crescenti tensioni tra le due maggiori economie mondiali. Invece di impiegare i risparmi in eccesso in ondate di revenge spending, cioè di spese esuberanti che sfogassero i mesi di forzata inattività chiusi dentro casa, i consumatori cinesi - segnati da anni di perturbazioni economiche e di precarietà finanziaria a causa delle dure politiche di zero-Covid - sono rimasti riluttanti a fare grandi acquisti che avrebbero potuto rilanciare la crescita economica.
Un numero maggiore di consumatori cinesi ha preferito risparmiare i propri guadagni nei primi sei mesi del 2023, secondo i risultati di un sondaggio trimestrale della People’s Bank of China pubblicato l’ultimo giovedì di luglio. Quasi il 60% degli intervistati ha dichiarato di essere più propenso a risparmiare i propri guadagni, mentre solo un quarto è più propenso a spenderli. Insomma, sembra che le famiglie cinesi siano in modalità di riduzione della leva finanziaria, risparmiando di più e ripagando i prestiti in anticipo, perché sanno che i tassi di interesse continuano a scendere.
Gli analisti che sono rimasti ottimisti (la minoranza, da quello che leggo io nelle ultime due settimane) si sono quindi affidati all’ultimo pilastro: la collaudata politica delle autorità cinesi di spendere grandi quantità di denaro per stimolare l’economia. E in effetti, dopo il disastro della Evergrande e la crescente disoccupazione per gli operai del settore edilizia, le aspettative di un pacchetto di stimoli sono molto alte.
E indubbiamente il governo e la banca centrale cinese hanno ancora molto margine di manovra, perché finora abbiamo visto ben poco. Storicamente, i responsabili politici per stimolare la crescita si sono concentrati sullo sviluppo immobiliare e sui progetti infrastrutturali, che sono stati a lungo al centro della crescita del Paese. Tuttavia, dopo anni di misure restrittive contro l’eccesso di leva finanziaria dei gruppi immobiliari cinesi, Pechino diffida del tipo di stimolo su larga scala che potrebbe far lievitare nuovamente il carico di debito privato degli operatori economici.
Di conseguenza, la Cina ha tagliato i tassi per evitare una flessione della domanda interna ma - timorosa di una espansione eccessiva del debito privato - rimane riluttante a fornire un sostegno più ampio (sia in termini di spesa pubblica che in termini di tassi di interessi di politica monetaria), uno stimolo robusto che aiuti a risollevare veramente le sorti dell’economia come gli investitori avevano previsto all’inizio del 2023. A mio parere la ripresa economica è stata inferiore alle aspettative perché si è sottovalutato il ciclo di feedback negativo del crollo del settore immobiliare, si è sottovalutata la mancanza di fiducia dovuta al deterioramento del contesto geopolitico esterno (guerra in Ukraina) e si è sovrastimata la ripresa della spesa post-pandemia.
Alcuni analisti (Nomura e HSBC per esempio) credono che il quadro negativo dipinto dai recenti dati economici cinesi convincerà il governo che una qualche forma di ulteriore stimolo è necessario: se questo accadesse potrebbe veramente contribuire a risollevare il sentiment del mercato.
<leggianche|articolo=143258>
Ma in assenza di decise e significative manovre di politica monetaria e fiscale il quadro economico della Cina continua ad essere negativo, visto che la crisi del settore immobiliare è solo agli inizi e altri default di primarie aziende del real estate sono possibili.
Non è difficile quindi ipotizzare, se le cose rimangono così da oggi alla fine dell’anno, delle ulteriori discese per l’indice CSI 300 dei titoli quotati a Shanghai e Shenzhen (parliamo di un altro -10% oppure -15% dai livelli attuali). Il grafico Bloomberg sottostante evidenzia infatti come il canale discendente dell’indice CSI300 è un canale oramai consolidato, con l’indice da molto tempo che è al di sotto della MM200GG (linea gialla), e che tende pericolosamente al minimo di 3.500 fatto a settembre 2022.
In sintesi, un rimbalzo sostenuto e duraturo dell’indice azionario cinese è, allo stato dei fatti, improbabile in assenza di stimoli monetari, fiscali e di spesa pubblica molto robusti. Quindi solo l’avvio delle politiche suddette è la premessa centrale di qualsiasi visione costruttiva del mercato in questione. In assenza di tutto ciò è bene astenersi dall’investire nel mercato azionario cinese. Per chi è già investito e sta perdendo i suoi soldi, è bene non aumentare il peso in portafoglio per tentare di abbassare il prezzo di carico medio, perché ulteriori discese sono probabili.