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Voluntary disclosure, ecco 5 ragioni per cui il rientro dei capitali dall’estero rischia di essere un flop
giovedì 12 febbraio 2015, di
Voluntary disclosure, cronaca di un flop annunciato? La celebre norma sul rientro dei capitali dall’estero, da sempre suscita critiche e controversie: tra chi la considera uno strumento di civiltà, in grado di sanare le posizioni dei contribuenti irregolari, e chi – più cinicamente – ne sottolinea i difetti, presagendo esiti infausti.
Chi ha davvero ragione? Difficile dirlo, ma sicuramente ci sono x fattori che, più di altri, farebbero sospettare che l’insuccesso sia già dietro l’angolo.
1. Una legge poco chiara, le possibili interpretazioni giurisprudenziali
Tutto si può dire sulle leggi italiane, ma non che brillino per intelligibilità. Il testo sul rientro dei capitali dall’estero di certo non fa eccezione, e l’ambiguità della definizione del nuovo reato di autoriciclaggio potrebbe spalancare le porte a nuove e inaspettate interpretazioni da parte dei giudici.
2. L’ambiguità dei criteri
Non sono stati determinati i criteri per la ricostruzione dei ricavi e dei costi, nonché per la detraibilità delle imposte versate all’estero.
3. Voluntary internazionale limitata alla persone fisiche e assimilati
Inoltre, la voluntary disclosure internazionale è riservata alle persone fisiche e assimilati, escludendo, di fatto, le società di capitali, in quanto non tenute al RW.
4. Ancora in attesa dell’Agenzia delle Entrate
La disciplina applicativa della norma sarà dettata attraverso un provvedimento da parte del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. Un’attesa che alimenta ulteriori incertezze.
5. Non si tratta di una sanatoria
Infine, è senz’altro opportuno sottolineare che il rientro dei capitali dall’estero non può essere considerato a tutti gli effetti un condono. Vengono senz’altro meno alcune sanzioni penali (soprattutto quelle relative alle dichiarazioni), ma possono emergere ben altre violazioni, soprattutto per i rapporti societari.