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Venezuela: rating spazzatura e Cds record segnalano che il default è vicino
lunedì 22 settembre 2014, di
Il Venezuela continua ad attraversare una fase economico-finanziaria da brividi, con un’inflazione intorno al 60% e un pil in caduta libera. Il rating sovrano è stato di recente tagliato da Standard & Poor’s a CCC+, ben sette notch in meno del livello minimo dell’investment grade. Il rating è di un solo livello migliore di quello ucraino, dove però bisogna considerare anche la presenza dello stato di guerra, mentre l’outlook per i prossimi mesi resta negativo. Gli investitori credono poco nella possibilità di un riscatto di Caracas, come testimoniato anche dal boom dei Cds a cinque anni, ovvero i credit default swap, che sono volati sopra 1.600 punti base dai mille di luglio (secondo la piattaforma Markit).
Si tratta di valori quasi da record, consueti per un emittente ritenuto non meritevole di credito e prossimo al fallimento. I Cds servono agli investitori per assicurare il loro credito da un eventuale default dell’emittente. Secondo quanto calcolato da Cma, i Cds a un anno sono addirittura saliti a 2.135 punti base, il livello più alto degli ultimi 6 anni. Per il Venezuela si tratta della peggior crisi dal 2002. In quell’occasione il rating era praticamente lo stesso di oggi e il paese soffriva tremendamente lo sciopero nazionale che bloccò l’export di petrolio per alcune settimane. In Sudamerica non c’è quindi soltanto l’Argentina a tenere col fiato sospeso gli investitori.
A Caracas la prova del nove arriverà il mese prossimo, quando bisognerà rimborsare due bond da 4,5 miliardi di dollari: il primo è pubblico, emesso dal Tesoro per un controvalore di 1,5 miliardi (il rendimento è schizzato quasi al 58%); il secondo è garantito dalla società statale petrolifera Pdvsa. In questo caso sono in ballo 3 miliardi, ma i prezzi del titolo sono crollati a 67 centesimi con il rendimento balzato oltre il 31%. Da un punto di vista economico, il paese sudamericano deve fare i conti con un’inflazione al 63,4% ad agosto e un pil atteso in contrazione del 3,5% nel 2014.
Alcuni economisti di Harvard suggeriscono al governo guidato da Nicolas Maduro di non pagare i bond in scadenza, al fine di mettere su un tesoretto per pagare i mancati pagamenti sulle importazioni che ammontano già a 7 miliardi di dollari. Secondo Goldman Sachs, invece, il paese deve onorare i suoi impegni con i creditori, anche perché Caracas ha i soldi per evitare il default. Un punto a favore del Venezuela arriva dal sostegno delle grandi banche d’affari, come la stessa Goldman Sachs, Bnp Paribas, Credit Suisse, Barclays e altre: essendo molto esposte verso il paese caraibico, dovrebbero continuare a supportarlo finanziariamente nonostante la disperata condizione in cui versa.