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Presidenziali USA 2016: tutti contro Donald Trump
mercoledì 9 dicembre 2015, di
Se è vero quanto sosteneva Oscar Wilde che “l’importante è che se ne parli”, il candidato repubblicano alle presidenziali USA 2016, Donald Trump si sta rivelando un ottimo discepolo nell’applicazione di tale aforisma. Infatti, con le sue discutibili esternazioni, sta alimentando – a suo vantaggio – un polverone politico-mediatico, non solo a livello nazionale.
Posizioni a dir poco estreme che – proprio perché è in ballo la carica di presidente degli Stati Uniti, ovvero l’uomo più potente del mondo – non possono non destare preoccupazioni. Questo anche alla luce degli ultimi sondaggi, tra cui uno lanciato dalla CNN lo scorso venerdì, che vedono la popolarità del “Le Pen” americano (come da più parti è stato definito il magnate del mattone newyorkese) in aumento dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre. Circa venti punti in più rispetto al suo rivale repubblicano più vicino, Ben Carson. Sondaggi che, per dovere di cronaca, vedono Donald Trump come frontrunner già dallo scorso mese di luglio.
Trump: divieto ingresso ai musulmani in USA e chiusura internet
Populista, sessista, anti sistema, al limite del razzismo (in cui spesso sconfina). In sintesi, l’antitesi del “politically correct”. Non stupisce, quindi, che venga associato alla numero uno di Front National, Marine Le Pen. È sufficiente far riferimento a quanto sostenuto riguardo agli attentati del 13 novembre, puntualizzando che «se a Parigi la gente avesse avuto con sé pistole non ci sarebbe stata quella carneficina». Inneggiamento alle armi che è stato ribadito, lo scorso 6 dicembre, nel corso di un comizio a Spencer, nell’Iowa. Tutto questo a pochi giorni di distanza dal massacro di San Bernardino.
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Non pago, tuttavia, Trump sta continuando la sua corsa alla Casa Bianca facendo leva sulle paure degli americani. Infatti, ciò che in queste ultime ore sta facendo discutere da un capo all’altro del mondo, sono le sue ultime affermazioni concernenti il divieto di ingresso ai musulmani in Usa, questo «almeno fino a quando i nostri rappresentanti non riusciranno a capire cosa sta succedendo». Per poi arrivare a chiedere, qualche ora più tardi - in un comizio nel South Carolina – di prendere in esame l’idea di ’chiudere’ internet e i social media, per dare un giro di vite alla diffusione degli estremisti online. E, a tal riguardo, ha affermato di voler incontrare Bill Gates per potersi confrontare con lui su tale idea. Perché, nonostante la libertà di parola, per il re del mattone, «questa è gente stolta».
Tuttavia, quelle riportate, sono solo le ultime esternazioni in ordine di tempo. Infatti, giusto per citare altre sue “perle”, basti pensare all’esordio, lo scorso luglio, della sua campagna elettorale. Ad essere sotto attacco, in quella occasione, furono i messicani, che lui ha apostrofato tutti come "criminali, trafficanti di droga e stupratori". E, come soluzione all’ingresso di questi ultimi negli Stati Uniti, ha aggiunto di voler costruite un muro ai confini sud. E ancora, sempre in tema di immigrazione, ha sostenuto che – se fosse stato lui presidente –, avrebbe potuto scongiurare gli attentati dell’11 settembre 2001. Merito della sua politica restrittiva sull’immigrazione. In un’altra occasione, durante una intervista alla Cnn, Trump ha affermato che si stava meglio quando c’erano Saddam e Gheddafi.
Un elenco di gaffe che, di sicuro, è destinato ad allungarsi, dato che, come ha promesso Trump:
«Ogni volta che le cose peggiorano, lo farò meglio. La gente vuole la forza».
Reazioni alle affermazioni di Trump
Netta la presa di distanza e la condanna da parte di molti esponenti del mondo politico. La Casa Bianca ha definito la proposta di divieto di ingresso ai musulmani contraria ai valori americani e agli interessi di sicurezza nazionale, reputando le sue parole "pericolose e irresponsabili". Più dura la reazione da parte del consiglio dei musulmani d’America, che ha puntualizzato che, proposte di questo tipo, potrebbero portare addirittura al fascismo. Edulcorata la replica degli altri candidati repubblicani, Christie e Jeb Bush, che hanno definito la posizione di Trump "ridicola" e "demenziale". Comunque, tutti uniti i repubblicani, nell’affermare che "non sono questi i valori dell’America" e che proposte del “re” del mattone sono "anticostituzionali".
Infine, per quanto riguarda i media, in molti non hanno usato i guanti di velluto nel commentare le esternazioni di Trump. Il Philadelphia Daily News – attraverso la pubblicazione di una grande foto in prima pagina del candidato repubblicano con la mano alzata che fa pensare al saluto fascista (dal titolo "The New Furor") –, paragona Donald Trump ad Hitler. Il New York Times, invece, lo definisce "un bigotto senza esperienza in politica estera", mentre il New Yorker gli dedica un editoriale dal titolo "Donald Trump è il nuovo Le Pen".
Sta di fatto che, tutto questo rumore non è per nulla. Preoccupa il suo rivolgersi alla “maggioranza silenziosa”. A quel “Silent Majority” che – come fa notare qualcuno – fu alla base della campagna elettorale, nel 1968, di Richard Nixon e che gli consentì – con un risicato 0,8% dei consensi in più rispetto al suo antagonista Humphrey – di diventare presidente degli Stati Uniti. Un voto di protesta, quello che lo portò alla vittoria, come si presume potrebbe essere quello che porterà alla vittoria il successore di Obama. Tuttavia, per vicissitudini personali e finanziarie, per gli estremismi e le gaffe, Donald Trump si potrebbe associare, più che a Nixon, al suo antagonista repubblicano dell’epoca, ovvero Nelson Aldrich Rockefeller (nipote di John Davison Rockefeller). Più che altro, questo è un auspicio affinché la corsa alla Casa Bianca di Trump abbia lo stesso epilogo di quella di Rockefeller.