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Turchia: Erdogan presidente a vita, cambia la Costituzione. In carica fino al 2029
lunedì 23 gennaio 2017, di
Recep Tayyip Erdoğan, presidente della Turchia, è a un passo dal realizzare il progetto di riforma costituzionale che farà di lui un sultano dai poteri illimitati. Sin dalle ore immediatamente successive al colpo di stato sventato dello scorso 15 luglio era apparso chiaro che la Turchia sarebbe finita tra la stretta di una morsa anti-democratica, in nome dell’ordine e della sicurezza interna.
Da quell’esatto momento il presidente Erdogan non ha perso un attimo di tempo per fare piazza pulita tra i suoi principali oppositori (considerati “traditori”) e per ripulire il sistema giudiziario, quello militare, della pubblica amministrazione e dell’istruzione da personalità a lui scomode.
Le purghe erdoganiane, ancora in corso, sono state rese possibili da uno “stato di emergenza” prolungato (ed esteso dopo i diversi attentati terroristici di matrice curda e islamista), che di fatto, da luglio ad oggi, ha attribuito pieni poteri a Erdogan e al “suo” governo.
La svolta anti-democratica di Erdogan nelle ultime settimane sta per essere ratificata grazie all’approvazione da parte del parlamento turco, in prima e seconda lettura, della riforma costituzionale volta a trasformare la Turchia in una repubblica presidenziale.
Se approvata dal popolo, che in primavera sarà chiamato ad esprimersi in merito attraverso un referendum, la riforma costituzionale avrà serie ripercussioni sul sistema democratico turco, nonché sulle "vecchie" ambizioni del paese di poter entrare a far parte dell’Unione Europea e sulle già critiche condizioni economiche in cui versa accentuate dal crollo della lira turca.
Di seguito vediamo come Erdogan stia portando la Turchia verso una democrazia illiberale e quali sono i risvolti futuri.
Turchia, riforma costituzionale di Erdogan: cosa prevede e effetti
La riforma costituzionale voluta da Erdogan e approvata in prima e seconda lettura dal parlamento turco, se “approvata” dal popolo turco in sede referendaria, porterà di fatto la Turchia a passare da una repubblica parlamentare ad un presidenzialismo.
Quello che più preoccupa gli osservatori esteri è il fatto che i 18 articoli della nuova Costituzione attribuirebbero al capo dello stato una serie di poteri illimitati che di fatto renderebbero la Turchia una democrazia illiberale.
Al presidente, che sostituirà la figura del primo ministro della quale è prevista l’abolizione, sarà attribuito il potere di poter nominare e licenziare i ministri, di intervenire sul sistema giudiziario, e di essere al tempo stesso capo del suo partito. In questo modo Erdogan potrebbe tornare a guidare il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) di cui è stato fondatore.
La riforma non prevede la modifica della durata di ogni singola legislatura, né tanto meno il numero di mandati massimi (due), ma secondo alcune voci potrebbe azzerare il numero dei mandati da presidente di Erdogan e assicurargli così di poter restare in carica potenzialmente fino al 2029.
Ad appoggiare la riforma costituzionale in parlamento sono stati l’AKP di Erdogan e il Movimento Nazionalista (MHP), mentre ad opporsi è stato in particolare il partito filo-curdo di sinistra, Partito Democratico dei Popoli (Hdp) martoriato dagli ultimi mesi da una serie di arresti.
L’approvazione della nuova Costituzione avrà verosimilmente un forte impatto sugli assetti interni della Turchia (sulle condizioni delle minoranze nonché sulla limitazioni di diritti e libertà civili), e sulla sua sfera economica.
Mentre Erdogan e il suo governo ritengono la riforma costituzionale assolutamente necessaria affinché tra i confini turchi si possa mettere fine al clima di instabilità e irrequietudine venutosi a creare negli ultimi tempi, risulta difficile poter dire con certezza se la svolta "autoritaria" della Turchia sarà in grado di tranquillizzare le dinamiche interne al paese e di attrarre possibili investitori esteri i quali, oggi giorno, con la crisi economica che sta tartassando il paese, giocano un ruolo sempre più importante per risollevare le sorti economiche di quest’ultimo.