Home > Altro > Archivio > Siti streaming verso la chiusura: nuove restrizioni nella Legge di Bilancio
Siti streaming verso la chiusura: nuove restrizioni nella Legge di Bilancio
mercoledì 19 dicembre 2018, di
I siti streaming rischiano di chiudere in seguito al deposito in Senato di un emendamento alla Manovra di Bilancio, che prevede misure più severe per il contrasto dei siti Internet di streaming e di live streaming.
L’emendamento in questione non è stato ancora votato, ma, se fosse approvato, i siti per lo streaming online sarebbero in pericolo: infatti, il testo prevede che i titolari della licenza possono agire in giudizio per ottenere la cessazione delle violazioni e la chiusura del portale di streaming.
La notizia preoccupa soprattutto i tifosi di calcio, tra i maggiori fruitori del live streaming, poiché la norma permette ai licenziatari dei siti di trasmissione degli eventi sportivi di adire il giudice per impedire la diffusione dello streaming delle partite. A ciò si deve aggiunge che il giudice, non solo potrebbe inibire il singolo evento, ma tutto il campionato.
Le nuove restrizioni
Un emendamento depositato in Senato rischia di far chiudere i siti di live streaming delle competizioni sportive, e non solo, poiché sono in arrivo pesanti misure di contrasto alla fruizione dello streaming online.
Infatti, è stato recentemente depositato in Senato un emendamento alla Manovra di Bilancio, nel quale si prevede la legittimazione in capo ai licenziatari di agire in giudizio per far chiudere i siti di streaming.
In pratica, chi detiene la licenza per la trasmissione degli eventi sportivi ha il diritto di adire il giudice e di richiedere la cessazione delle violazioni di legge, con la chiusura coatta dei portali che hanno trasmesso una manifestazione sportiva, una partita ed altri eventi, senza averne l’autorizzazione.
Ma le restrizioni non finiscono qui: il giudice adito dai licenziatari non solo ha il potere inibire la diffusione del singolo evento, ma può impedire la diffusione in streaming dell’intero campionato.
L’emendamento sui siti di streaming non è stato ancora votato, ma la preoccupazione tra i tifosi è già molto alta. Basti pensare che gli italiani che fruiscono illegalmente degli eventi sportivi in live streaming sono circa 4,6 milioni, con una stima di 21 mila atti di pirateria compiuti nel 2017.
I rischi dello streaming
Lo streaming ed il live streaming (cioè la trasmissione di un evento in tempo reale) erano già stati messi a dura prova nel 2016, quando la Guardia di Finanza ha oscurato 152 siti che diffondevano online i match dei più importanti campionati sportivi - soprattutto di calcio - e i film ancora nella sale. Tuttavia, nonostante l’intervento della Guardia di Finanza, i siti incriminati sono tornati raggiungibili in poco tempo, cambiando il loro dominio.
A tal punto è lecito domandarsi se trasmettere e guardare partite e film è veramente illegale e, nel caso affermativo, quali rischi si corrono.
Dal punto di vista normativo, lo streaming è un reato ascrivibile nella violazione delle norme sul diritto d’autore, che in Italia è disciplinata sul piano nazionale con la legge n. 633 del 1941 (di cui l’ultimo aggiornamento risale al 2017) e, sul piano europeo, dalla Direttiva europea sul copyright.
Chi trasmette o diffonde materiale protetto da diritto d’autore (film, musica, eventi sportivi) è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, a cui si aggiunge una multa che può arrivare fino a 15.000 euro. Al contrario, il reato non sussiste nei confronti di chi visualizza il contenuto pirata.
Precisamente, guardare materiale in streaming o in live streaming sul proprio PC è una condotta priva di norme giuridiche di riferimento, quindi non sanzionabile, nemmeno dal punto di vista amministrativo. Tuttavia, il reato scatta nel momento in cui chi naviga sui siti di streaming non si limita a guardare, ma scarica o condivide il film o la partita.
Chi scarica il materiale per uso personale rischia una multa di 154 euro, oltre alla confisca di quanto scaricato; invece chi lo fa con scopo di lucro, quindi a fini commerciali, nei casi più gravi può rischiare anche la reclusione.