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Rublo ai minimi paga le tensioni su emergenti e incertezza sull’economia russa
martedì 4 febbraio 2014, di
Continua la fase di debolezza del rublo russo, che paga lo scenario di alta tensione sui mercati emergenti ma anche le incertezze legate all’andamento dell’economia russa nei prossimi mesi. Secondo quanto comunicato pochi giorni fa dall’ufficio federale di statistica di Mosca, lo scorso anno il pil della Russia è cresciuto appena dell’1,3%, sotto le stime del governo guidato da Vladimir Putin che aveva prospettato tempo fa un incremento del pil pari all’1,4%. Quello dello scorso anno è stato anche il più modesto tasso di crescita registrato dalla Confederazione russa a partire dal 2008. Il rallentamento viene attibuito alla contrazione del settore delle utility e delle costruzioni.
Per il 2014 il governo russo stima una crescita pari al 2,5%, ma si tratta comunque di tassi di sviluppo economici molto bassi se si pensa che il paese era cresciuto del 4,3% nel 2011 e del 3,4% nel 2012. Ora Mosca deve fronteggiare anche il rischio di fuga di capitali, a causa dello shock di inizio anno sulle valute dei mercati emergenti, che fa seguito all’inizio del tapering, e per l’aumento del clima di avversione verso il rischio da parte degli investitori internazionali. La Russia ha comunque i conti in ordine e il debito pubblico tra i più bassi al mondo. Senza contare le ingenti riserve di valuta estera, che fanno scongiurare un crollo come nel 1998 in caso di shock economico.
Intanto, però, il rublo russo fatica a risalire la china dopo le pesanti vendite di inizio anno. Dopo aver toccato i minimi storici sulla moneta unica, con il cross EUR/RUB volato fin sopra 48,22, la valuta russa prova a invertire la rotta ma resta ancora sotto il tiro delle vendite. Il tasso di cambio USD/RUB è ai massimi da oltre 5 anni e ha già superato quota 35,43. Il cambio dollaro/rublo ha messo a segno una performance superiore al 7% da inizio anno, ma secondo alcuni analisti valutari potrebbe salire fino a 40 prima di sperimentare una fase di normalizzazione delle quotazioni, anche a causa della scarsa liquidità presente su questo incrocio valutario.