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Riforma Pensioni 2015: tra flessibilità ed esodati, ecco le mosse di Renzi per superare la Riforma Fornero
martedì 24 marzo 2015, di
Tre anni fa il Governo Monti, in uno dei periodi di crisi più grave che l’Italia abbia vissuto, varava delle riforme strutturali volte a modificare il destino del Paese, chiedendo ai cittadini sacrifici e soldi. Uno dei cambiamenti più importanti approvati da quell’Esecutivo fu la riforma delle pensioni messa a punto dall’allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero. Oggi, a neanche 36 mesi di distanza, si pensa già a modificare nuovamente il sistema previdenziale italiano, ovviando agli errori compiuti in passato e improntando delle modifiche volte ad ottenere maggiore flessibilità.
Gli errori della Riforma Fornero
In sede di redazione della cosiddetta Riforma Fornero furono compiuti degli errori macroscopici. Per fare solo due esempi è sufficiente citare le vicissitudini degli esodati e dei quota 96 della scuola. La professoressa piemontese, presentata allora come massimo esperto nel nostro Paese di sistemi previdenziali, modificò i criteri di accesso alla pensione, adeguandoli alle nuove speranze di vita e rendendo molto più severe le penalizzazioni per chi decideva di andare in pensione in anticipo. Purtroppo però, modificando i "parametri previdenziali", quei tecnici non tennero conto di coloro che stavano per maturare i requisiti prima dell’approvazione della riforma, portando migliaia di persone in un limbo. L’errore compiuto sugli esodati è costato caro alla Fornero, ma soprattutto ai lavoratori. Non sono bastate sei salvaguardie per cancellare uno sbaglio tanto grave quanto enorme.
Per non parlare della "svista" sui quota 96. Prima della riforma infatti, alcune categorie, in primis quella degli insegnati, avevano diritto di accesso alla pensione sulla base della “quota 96” che consentiva l’accesso al trattamento previdenziale ai lavoratori che avessero compiuto 61 anni di età (dopo aver maturato 35 anni di servizio) o a 60 anni di età (con 36 anni di servizio). L’unica prerogativa richiesta era quella di possedere i requisiti anagrafici e contributivi alla data del 31 dicembre 2011. L’allora ministro del Lavoro decise però di cancellare la cosiddetta quota 96, impedendo l’accesso al trattamento previdenziale ad oltre 9mila persone.
Scopo della riforma era quello di "aggiornare" il sistema pensionistico, adeguandolo alle nuove speranze di vita, ma anche di salvare i conti sempre più in rosso dell’INPS, permettendo all’istituto di risparmiare milioni. Le modifiche varate tre anni fa però hanno creato e stanno creando non pochi problemi ai cittadini, senza contare che i giovani rischiano di arrivare a 70 anni senza ritrovarsi nulla da parte.
Riforma pensioni 2015
Le falle dell’attuale sistema previdenziale sono essenzialmente due: chi andrà in pensione in futuro rischia di vivere nella miseria, mentre chi c’è già andato gode in un "trattamento eccessivo" rispetto ai contributi versati.
Questi i problemi cui il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, in concerto con il numero uno dell’INPS Tito Boeri, sta cercando di dare una risposta.
Il punto però è che per varare l’ennesima riforma delle pensioni servono dei soldi che, ovviamente non ci sono. Nel frattempo, l’Europa ci osserva col fucile puntato per vedere come spendiamo il nostro denaro e per controllare che i conti non tornino nuovamente in rosso.
L’intenzione del governo Renzi è quella di varare una riforma delle pensioni entro l’autunno del 2015. Le opzioni attualmente al vaglio dell’esecutivo riguarderebbero soprattutto le modalità con cui garantire una maggiore flessibilità in uscita. La proposta più accreditata sembra essere quella di consentire l’uscita anticipata ai lavoratori che abbiano compiuto 62 anni e che abbiano maturato 35 anni di contributi con una penalizzazione massima dell’8%. E’ previsto inoltre un premio pari al 2% sull’assegno pensionistico per coloro che decidono di ritardare l’accesso alla pensione dal 66esimo al 70esimo anno di età.
All’interno della riforma potrebbe poi trovare spazio l’ormai celeberrimo reddito minimo che Tito Boeri vorrebbe destinare agli over 55 che hanno perso il lavoro e non hanno ancora maturato i requisiti per accedere al trattamento previdenziale.