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Pensioni, uomini italiani discriminati rispetto alle donne. Al via procedura d’infrazione Ue

giovedì 17 ottobre 2013, di Valentina Brazioli

Ancora nessuna buona notizia dall’Europa, anzi: a breve l’Italia riceverà l’ennesima bacchettata sulle dita dalla Commissione europea. Sotto la lente d’osservazione, stavolta, sono finite le disposizioni contenute nella legge 214 del 2011, che riguardano i parametri relativi agli anni minimi di contribuzione necessari per ottenere la pensione anticipata. I suddetti parametri, validi sia per il settore pubblico che per quello privato, sono stati fissati in 41 anni e 3 mesi per le donne e 42 anni e 3 mesi per gli uomini.

Una disparità che non è passata inosservata nelle sedi europee, e che adesso ha portato alla messa in mora del nostro Paese, ovvero il primo passo della procedura d’infrazione. A renderlo noto è stata l’agenzia di stampa Ansa, che ieri sera ha anche anticipato l’invio al nostro governo di una lettera in cui verranno elencate tutte le contestazioni del caso, e chieste spiegazioni da fornire entro un ragionevole lasso di tempo (in genere un paio di mesi).

Violata la parità di trattamento tra uomini e donne

Nello specifico, ciò che viene contestato alla norma italiana (che dovrebbe entrare in vigore a partire dal gennaio 2014) è il suo essere apertamente in contrasto con l’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea ,che sancisce la parità di trattamento tra uomini e donne.

Il precedente del 2010

Una sanzione che non dovrebbe comunque coglierci impreparati: anche nel recente passato - per l’esattezza nel 2010 - la Commissione Ue aveva messo sotto accusa il nostro Paese, già condannato sul tema dalla Corte di Giustizia Ue nel 2008, chiedendo un’immediata equiparazione dell’età pensionabile tra uomini e donne nell’ambito della Pubblica amministrazione. All’epoca la questione fu risolta attraverso la contestata riforma che innalzò anche per le donne, a partire dal 2012, l’età pensionabile a 65 anni.

Pd, rischio ulteriore penalizzazione delle donne

Un precedente che non poteva passare inosservato, e infatti, poco dopo la diffusione dell’agenzia di stampa, si è registrato il primo allarme da parte della deputata del Partito Democratico Marialuisa Gnecchi, capogruppo in quota Pd nella commissione Lavoro.

L’esperienza del 2009, quando la Commissione Europea aprì una procedura di infrazione contro l’Italia in difesa delle donne auspicando migliori retribuzioni e migliori pensioni, fu utilizzata dal governo Berlusconi per innalzare l’età della pensione delle donne nella Pubblica amministrazione. Ci auguriamo che questo intervento della Ue serva a portare anche per gli uomini a 41 gli anni di contribuzione per il pensionamento anticipato e non si trasformi in una ulteriore penalizzazione delle donne.

Il caso italiano

Un intervento, quello della Ue, senz’altro giusto nella forma, ma che sembra ignorare la reale condizione delle donne nel nostro Paese: vittime di una carriera spesso più frammentata e meno retribuita di quella maschile, devono farsi carico anche della mole di lavoro non retribuito che la famiglia comporta. Il tutto perché, in Italia, il vero welfare sono solo le donne.

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