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Il Movimento 5 Stelle è pronto per governare? Le analisi del The Economist

venerdì 3 marzo 2017, di Maurizio Contini

Inizia il tempo dei bilanci per il The Economist e si deve cominciare a capire se il Movimento 5 Stelle è in grado di governare il paese. Due grandi città, come Torino e Roma, hanno infatti un sindaco a 5 Stelle e si deve comprendere se il modo di operare sta portando dei risultati o meno.

La questione è piuttosto complessa dal momento che l’Appendino e la Raggi si sono trovate a gestire città differenti, con problematiche di gran lunga diverse. La popolarità del movimento è ormai ben chiara a tutti e nei sondaggi politici continua ad essere il primo partito per gradimento in Italia.

Il noto giornale di economia va oltre le mere statistcihe e si pone un quesito: sono in grado i 5 stelle di governare l’Italia? Vediamo insieme quali sono gli elementi che hanno preso in esame e se sono riusciti ad arrivare ad una risposta.

Il Movimento 5 stelle è in grado di governare l’Italia? La risposta del The Economist

Le situazioni sono ben diverse e mentre Virginia Raggi continua ad avere problemi con giunta e processi, Chiara Appendino sale di gradimento. Il sindaco di Torino è infatti molto apprezzato dai suoi concittadini e il suo tasso di gradimento è arrivato al 62%, il più alto in tutta Italia.

Di certo non è avvenuta la stessa cosa per Virginia Raggi, che invece è scesa nei sondaggi e sembra non essere ancora in grado di prendere le redini della città. Roma è infatti paralizzata e i problemi che si avevano prima dell’elezione della sindaca a 5 stelle permangono e anzi sono diventanti maggiori.

Il The Economist mette in luce come le due donne siano due figure rassicuranti nel movimento populista, dal momento che Virginia Raggi è un avvocato e Chiara Appendino una donna d’affari.
Le due sono però state elette per due città ben differenti: Torino è infatti priva dei problemi strutturali che invece ha la capitale.

Roma è infatti una città dalle mille problematiche, pregna della corruzione che circola nel governo e nei meccanismi politici in generale. Così anche Virginia Raggi sembra essersi trovata in mezzo a questo scandalo, con una serie di vicissitudini che la portano ad essere indagata per abuso di ufficio e favoreggiamento.

Una strada ben diversa inoltre è quella che è stata intrapresa dai due sindaci, che hanno stabilito due impostazioni di amministrazione differenti. Chiara Appendino ha infatti lasciato al suo fianco il braccio destro del sindaco uscente, Maurizio Molinari, con cui collabora per il benessere di Torino.

I problemi per la giunta a Torino non ci sono stati, dal momento che la lista era stata stabilita precedentemente alla sua elezione. Inoltre il sindaco della città piemontese ha deciso di tenere un profilo basso, tenendosi lontano dal Movimento 5 Stelle ed esponendosi in prima persona.
A Torino, scrive il The Economist, le persone sentono di avere come sindaco la signora Appendino e non il Movimento 5 Stelle al completo.

Per la capitale invece si è stabilito di seguire la via dell’onestà e di recidere i legami con le vecchie amministrazioni. I risultati però non sono stati così lampanti e molti esponenti della vecchia destra romana sono rimasti ben saldi nelle loro posizioni di comando.

I cittadini romani arrivano così a chiedersi se il loro voto è stato dato alla persona giusta e se non fosse meglio optare per Giachetti. Difatti nella città eterna nulla è cambiato, i problemi sono sempre gli stessi, come anche i debiti e le persone che la governano.

I problemi del Movimento 5 Stelle: il caso Torino

Ma anche il sindaco di Torino ha anche commesso i suoi errori, mostrando le sue perplessità sul rende pubblico il consorzio idrico della città. Uno dei punti che sono alla base del movimento è così venuto meno e, come fa notare la testata economica inglese, è una delle 5 stelle che sono il simbolo del movimento: l’acqua pubblica.

Gli attivisti hanno così cominciato a pensare di fare una manifestazione contro Chiara Appendino, che non ha rispettato le promesse fatte in campagna elettorale.
Il problema per il movimento è proprio questo: cerca di raccogliere al suo interno troppe correnti diverse, che poi è difficile accontentare.

I differenti punti di vista saranno alla fine delusi e qualcuno dovrà comunque fare i conti con le promesse non mantenute del candidato 5 stelle che ha vinto l’elezione. Proprio questo sembra essere il pericolo maggiore per il movimento di Beppe Grillo: l’impossibilità di portare le correnti interne verso un solo obiettivo.

Putroppo però l’articolo del The Economist non giunge ad una vera risposta alla domanda di partenza e mostra solo che, in caso i 5 stelle vincessero le elezioni, gli elettori non sarebbero del tutto accontentati.
Rimane però da capire se il modello sarà quello di Torino o quello applicato a Roma.

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