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#ITALIARIPARTE: siamo proprio sicuri dello slogan del PD?

martedì 6 ottobre 2015, di Michele Belluco

Siamo proprio sicuri dell’ottimismo sul sito ufficiale del PD che recita #ITALIARIPARTE?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo andare indietro nel tempo, precisamente all’anno 2012, anno in cui il nostro amato Paese ha fatto propri una serie di provvedimenti calati dagli organi europei.

Precisamente:

  • ha fatto propria, inserendola addirittura in Costituzione, la regola del pareggio di bilancio, ovvero la regola secondo la quale uno Stato deve chiudere ogni anno il proprio bilancio con il totale delle entrate almeno pari al totale delle uscite (nelle uscite vi è anche la spesa degli interessi sul debito pubblico);
  • ha fatto propria la regola secondo cui il rapporto tra il debito pubblico ed il pil (oggi ampiamente sopra il 130%) deve riportarsi nel corso di circa 20 anni, entro il 60%;
  • ha fatto propria la regola secondo cui lo Stato italiano, semplicemente a chiamata, senza possibilità di diniego, deve contribuire ad alimentare un Fondo Salva Stati chiamato ESM fino alla quota di circa 125 miliardi di euro.

Dalle date di adozione dei suddetti provvedimenti:

  • l’Italia non ha finora MAI rispettato la regola del pareggio di bilancio;
  • di anno in anno, il rapporto debito pubblico/pil non è diminuito, anzi è aumentato; una breve precisazione: il recente inserimento nel pil di attività illegali, come il traffico di sostanze stupefacenti, di servizi della prostituzione e del contrabbando, facendo artificiosamente crescere il pil, ha portato ad un miglioramento del rapporto in termini assoluti ma, facendo un andamentale, risulta che di anno in anno è continuato a peggiorare;
  • a fine 2014 la nostra contribuzione al fondo ESM ammontava a 14,3 miliardi di euro.

Se andiamo a vedere i vari documenti di Economia e Finanza del governo (comunemente chiamati DEF) ed i relativi aggiornamenti presentati, a partire dal 2014, dal Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan, troviamo una tavola, precisamente la “TAVOLA III.2: QUADRO PROGRAMMATICO SINTETICO DI FINANZA PUBBLICA (in percentuale al PIL)” la quale mette in evidenza interessanti dati tra cui i seguenti:

2013201420152016201720182019
Indebitamento netto (differenza tra entrate annue ed uscite annue; in quest’ultime è compresa la spesa per interessi sul debito pubblico) Nota agg. Def 2015 ////// -3,0 -2,6 -2,2 -1,1 -0,2 0,3
DEF 2015 ////// -3,0 -2,6 -1,8 -0,8 0,0 0,4
Nota agg. Def 2014 -2,8 -3,0 -2,6 -1,8 -0,8 -0,2 //////
DEF 2014 -3,0 -2,6 -1,8 -0,9 -0,3 0,3 //////
Saldo primario (al contrario dell’”indebitamento netto”, non considerare nelle uscite la spesa per interessi) Nota agg. Def 2015 ////// 1,6 1,7 2,0 3,0 3,9 4,3
DEF 2015 ////// 1,6 1,6 2,4 3,2 3,8 4,0
Nota agg. Def 2014 2,0 1,7 1,6 2,7 3,4 3,9 //////
DEF 2014 2,2 2,6 3,3 4,2 4,6 5,0 //////
Debito (lordo sostegni e debiti PA) * Nota agg. Def 2015 ////// 132,1 132,8 131,4 127,9 123,7 119,8
DEF 2015 ////// 132,1 132,5 130,9 127,4 123,4 120,0
Nota agg. Def 2014 127,9 131,6 133,4 131,9 128,6 124,6 //////
DEF 2014 132,6 134,9 133,3 129,8 125,1 120,5 //////

* Al lordo delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell’UEM, bilaterali o attraverso l’EFSF e del contributo al capitale dell’ESM. A tutto il 2014 l’ammontare di tali quote è stato pari a circa 60,3 miliardi, di cui 46,0 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l’EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM.

Scorrendo tali dati si vede che i sig.ri Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan, man mano che il tempo trascorreva ed i loro DEF venivano aggiornati, hanno sempre cercato di spostare in là negli anni il conseguimento del pareggio di bilancio (leggasi “indebitamento netto” nullo).

Dagli annunci fatti risultano profondamente convinti che, così facendo, lo Stato italiano abbia la possibilità di utilizzare (a deficit) delle risorse di bilancio per stimolare la crescita economica del Paese (vedi ad esempio la manovra degli 80 euro e la manovra di decontribuzione Inps per i nuovi assunti con il Jobs act).

Guardando al 2019, dall’ultimo aggiornamento DEF di settembre 2015, si nota che:

  • in quell’anno lo Stato italiano non spenderà più a deficit, anzi il totale delle entrate annue sarà pure leggermente superiore al totale delle uscite annue; per cui dal 2019 chiuderà con entrate maggiori o uguali alle spese, interessi sul debito pubblico compresi; significa che quelle piccole risorse (quelle che Matteo Renzi chiama “tesoretti”) che lo Stato attualmente sta utilizzando sfruttando la possibilità di andare a deficit (ovvero senza una relativa copertura ovvero senza dover aumentare, da altre parti, le entrate e/o diminuire i servizi pubblici e/o farli pagare maggiormente) non ci saranno più;
  • sempre secondo le stime del governo Renzi, a fine 2019 il rapporto debito pubblico sul pil sarà del 119,8 %. Visto che il governo ipotizza a fine 2019 un valore nominale del pil di 1.848,6 miliardi di euro, implicitamente si ricava un debito pubblico a fine 2019 di circa 2.214,62 miliardi di euro. Singolare questa ipotesi visto che, se andiamo a vedere il supplemento al bollettino statistico pubblicato a settembre 2015 dalla Banca d’Italia, a luglio di quest’anno tale dato era già di circa 2.200 miliardi di euro; senza poi considerare che, sottostante questo 119,80 %, c’è l’ ipotesi di una crescita media annua del pil nominale dal 2015 al 2019 di circa il 2,7 %. Anche in questo caso non penso sia difficile rilevare un eccesso di ottimismo, soprattutto considerando i dati passati / attuali.

Concludo l’articolo con un semplice esercizio che fa capire quello che sarebbe successo all’Italia nel caso in cui, i primi provvedimenti elencati all’inizio, ovvero:

  • il rispetto della regola del pareggio di bilancio;
  • il rispetto della regola che prevede il rientro, nell’arco di un ventennio, del debito pubblico sul pil al 60%

Fossero stati fin da subito rispettati (ovvero dal 2012).

Nel primo caso, tra il 2012 ed il 2014, lo Stato italiano avrebbe dovuto avere maggiori entrate / minori uscite per la cifra di ben 144,9 miliardi di euro. Questo perché:

2012 2013 2014
Deficit di bilancio (in miliardi di euro) – fonte Ameco 48,3 47,5 49,1

Per quanto riguarda l’impegno di riportarsi, in vent’anni, entro il 60 % come deficit su pil, significa che, partendo dal dato 2011 (pari a 116.4 % da fonte Ameco), il rapporto doveva calare mediamente ogni anno di circa il 3,25 %.
Dopo tre anni (quindi a fine 2014) il rapporto pertanto avrebbe dovuto essere pari a 105,41 %.

Visto che il pil 2014 era pari a circa 1.616,12 miliardi, è facile ricavare il debito pubblico che dovrebbe esserci stato a fine 2014 per rispettare il rientro, ovvero 1.703,55 miliardi euro. Siccome era invece pari a circa 2.134,90 euro, c’è una differenza di circa 431 miliardi di euro.

Immagino non sia difficile per il lettore, giunto fino a qui, capire che, aver avuto nel corso del passato triennio 2012-2014 più di 576 miliardi (in media sono circa 192 miliardi annui) di:

  • maggior tassazione;
  • e/o minori servizi pubblici;
  • e/o più onerosi servizi pubblici,

Sarebbe stato un ulteriore aggravio (e non da poco) per le tasche dei contribuenti italiani e non uno stimolo alla crescita; è vero che ci sono anche le cosiddette “privatizzazioni” che, almeno apparentemente sembrano aver la funzione di “far cassa” senza penalizzare le tasche dei cittadini ma si è visto (ed è la storia che ce lo insegna) che nel medio / lungo termine sono sempre state deleterie in quanto, a fronte di un’entrata immediata per lo Stato, hanno poi visto riversare sulla popolazione che usufruisce dei servizi privatizzati un significativo rincaro dei costi.

E neppure sapere che il Fondo Salva Stati (ESM) può ordinarci, a suo insindacabile giudizio, di versare circa ulteriori 111 miliardi di euro a semplice chiamata, penso costituisca un’affascinante prospettiva per il contribuente italiani.

Dopo aver compreso l’impatto di queste norme, penso si possa essere legittimamente arrabbiati con propri rappresentanti in Parlamento nello scoprire che:

  • il pareggio di bilancio è stato votato dalla Camera dei deputati con il 97,7 % dei voti favorevoli (325 persone); ed in Senato con il 94,8 % dei voti favorevoli (255 persone);
  • il rientro del debito pubblico sul pil entro il 60 % è stato votato alla Camera dei deputati con il 73,9 % dei voti favorevoli (368 persone); ed in Senato con l’82,8% dei voti favorevoli (216 persone);
  • la creazione del Fondo Salva Stati (ESM) è stata voltata alla Camera dei deputati con il 78,5 % dei voti favorevoli (325 persone); ed in Senato con l’84,4 % dei voti favorevoli (200 persone).

#ITALIARIPARTE sì caro Matteo Renzi, ma in retromarcia! Risulta evidente che nessun governo potrà essere in grado di far “ripartire” l’Italia rispettando questi (assurdi) vincoli europei.

Aprite gli occhi prima che sia troppo tardi.

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