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Governo: occupazione, pensioni e social card. Ecco le prossime mosse

giovedì 13 giugno 2013, di Marta Panicucci

Il governo prosegue la sua lotta alla disoccupazione e propone di intervenire in due tempi: subito un piano di riforme per far ripartire il mercato del lavoro e favorire l’occupazione soprattutto di giovani e donne; e passata l’estate, mettere mano alla riforma delle pensioni attuata dal governo Monti. Queste le prospettive profilate dal Ministro del Lavoro Giovannini al termine del question time alla Camera. A margine dell’incontro alla Camera per smentire la diffusione di alcune indiscrezioni, il Ministro diffonde una nota in cui precisa che il governo non sta valutando l’ipotesi di abbassare l’età di pensionamento a 62 anni.

Primo passo: il lavoro

Il Governo intende adottare, a breve, misure per favorire l’occupazione, in particolare quella giovanile e femminile. È intenzione dell’Esecutivo affrontare in un secondo momento, cioè dopo l’estate, ogni eventuale intervento

Ha dichiarato il Ministro del Lavoro. L’esecutivo sta mettendo appunto un pacchetto di misure straordinarie per il rilancio dell’occupazione. Il progetto è quello di muoversi su più piani di azione: intervenendo in maniera mirata sia sulla normativa italiana, sia sulla componenti finanziare al fine di contrastare la grave crisi occupazionale del paese. E allora vediamo quali sono le proposte sul tavolo di Enrico Letta.

Credito di imposta per l’assunzione di giovani a tempo indeterminato. Ci sono accordi sindacali che hanno già portato indietro i termini, ma per i giovani stiamo immaginando qualcosa di più forte come ridurli a zero

ha proposto il Ministro Giovannini. Il Ministro ribadisce che sono in ballo la rimodulazione dei contratti di apprendistato e il credito di imposta per i datori di lavoro che intendano assumere un giovane a tempo indeterminato. Il governo Letta sta pensando di sostenere le imprese che assumeranno giovani sotto i 30 anni tramite una delle ipotesi in campo: decontribuzione, credito di imposta, finanziamenti in conto capitale.

Tutto ciò dipende, oltre che dalla volontà politica, dalla copertura finanziaria necessaria. Partendo dal presupposto che l’esecutivo non ha intenzione di ricorrere ad una manovra estiva per incassare nuove risorse, i Ministri del Lavoro e dell’Economia sono costretti a muoversi in vincoli di bilancio molto stretti per l’attuazione del pacchetto di riforme. Ad una prima stima le risorse necessarie sarebbero almeno un miliardo di euro, che il governo potrebbe trovare grazie ai Fondi europei non ancora utilizzati.

Nuova social Card

Dal question time della Camera di ieri arriva anche una buoba notizia per i redditi più bassi.

Lavoreremo per una nuova social card, primo meccanismo di sostegno al reddito che per chi ha perso il lavoro e chi ha difficoltà anche abitative

ha dichiarato il Ministro.

Il governo si è impegnato a lavorare per una nuova social card che estenda le risorse e quindi la aree rispetto al suo precedente profilo stabilito del governo Monti. Per coloro che hanno un reddito inferiore all’indice Isee sarà prevista una integrazione di 400 euro.

Età pensionabili, nessun ripensamento

L’età pensionabile non sarà abbassata a 62 anni. Lo ribadiscono il ministro dell’economia e del lavoro, Saccomanni e Giovannini, in seguito a indiscrezioni pubblicate sul quotidiano tedesco Faz. La riforma della pensioni del Ministro Fornero ha contribuito alla tenuta della finanza pubblica italiana e non verrà modificata in maniera drastica. La riforma pensionistica insieme a quella relativa al mercato del lavoro si muovo all’interno di un processo di rafforzamento dell’economia dell’eurozona e dell’unione monetaria, obiettivo del precedente e dell’attuale governo.

I Ministri:

smentiscono fermamente che il governo stia valutando l’ipotesi di abbassare a 62 anni l’età del pensionamento, con ciò stravolgendo la riforma pensionistica adottata dall’Italia nel 2011

Confermata invece la volontà di intervenire nuovamente sulle pensioni d’oro, anche se prima è necessario superare lo scoglio della sentenza della Corte costituzionale. La giustizia infatti ha decretato l’incostituzionalità delle norme approvate nel 2011 che hanno introdotto un contributo straordinario del 5% per le risorse sopra i 90mila euro.

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