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Google Tax approvata, ma è già polemica. Cosa prevede e perchè è sbagliata? Scopriamolo
lunedì 16 dicembre 2013, di
La Google Tax, o Web tax, è stata approvata dalla Commissione di bilancio della Camera, mentre il Governo si è limitato a rimettersi al volere del Parlamento. L’Italia si avvia così ad essere il primo Stato Membro a dare il via libera all’imposta.
La decisione di far passare l’emendamento proposto dal deputato del PD Edoardo Fanucci ha però suscitato numerose polemiche destinate a protrarsi nel tempo, sia perché l’Italia potrebbe subire l’ennesima strigliata da Bruxelles, sia perché sono in molti a pensare che essa contribuirà ancora di più a frenare lo sviluppo tecnologico del nostro Paese.
Ma vediamo di saperne di più.
Che cos’è e come funziona?
La Web tax (meglio nota come Google tax) è un’imposta creata per combattere l’elusione da parte di grandi imprese del calibro di Google, Amazon, Facebook, Yahoo!, Apple, ecc. che, avendo stabilito la sede delle loro attività in Irlanda e Lussemburgo, Paesi nei quali le aliquote sui profitti si fermano al 12,5% (da noi arrivano al 50%), non registrano fatturati in Italia
L’emendamento stabilisce che queste grandi multinazionali del web debbano aprire una partita Iva italiana in modo da fatturare i volumi di vendita realizzati in Italia e portare quindi gettito nelle casse del nostro Stato.
Qual è il problema?
4 motivi per cui è sbagliata
L’approvazione dell’emendamento ha scatenato intense polemiche. I motivi sarebbero essenzialmente 4:
1: l’imposta infrange il principio base dell’Unione Europea e cioè: il mercato unico europeo. Secondo questo principio infatti merci, capitali e cittadini devono circolare liberamente entro i confini comunitari. L’obbligo di aprire la partita IVA, rappresenta dunque un ostacolo che Bruxelles potrebbe decidere di sanzionare con una pesante multa. A denunciare per prima la cosa è stata la rivista Forbes che oggi si è scagliata contro il provvedimento utilizzando parole pesantissime.
2: Un altro motivo di preoccupazione è legato al fatto che il vincolo della partita IVA implicherebbe per queste grandi compagnie minori profitti e di conseguenza un minore interesse a investire nel nostro Paese.
Il risultato potrebbe dunque essere quello di ostacolare non solo l’elusione, ma anche la crescita del settore digitale italiano che rappresenta un punto fondamentale per lo sviluppo del nostro Paese e che attualmente conta per il 3,1% del PIL.
3: Secondo molti la Google tax sarebbe un meccanismo del tutto inutile per combattere l’evasione. La legge comunitaria infatti stabilisce che, aprire una partita IVA non implica possedere un’organizzazione stabile. Quindi l’unica cosa che si otterrà sarà quella di obbligare queste multinazionali a versare l’imposta sul valore aggiunto, ma il loro reddito non potrà comunque essere tassato.
4: Il Governo prevede di ottenere da questa tassa un gettito pari ad 1 miliardo di euro l’anno. Molti analisti però, sembrano non essere d’accordo e parlano di numeri di gran lunga inferiori. Carnevale Maffè, professore dell’Università Bocconi, parla di 15 – 20 milioni di euro annuali di prelievi sul fatturato di queste aziende. Una cifra che nulla aggiunge al bilancio di uno Stato come l’Italia.