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Giappone: di nuovo il paese del futuro? L’analisi di Paul Krugman

mercoledì 16 gennaio 2013, di Erika Di Dio

In senso lato, sicuramente no, se non altro a causa della demografia: i Giapponesi combinano un basso tasso di natalità, con una profonda avversione culturale in materia di immigrazione, quindi il ruolo futuro del Giappone sarà fortemente vincolato da una carenza di Giapponesi.

Ma qualcosa di molto strano sta accadendo sul fronte macroeconomico a breve-medio termine. Negli ultimi tre anni, la politica macroeconomica di tutto il mondo avanzato è stato dominata dall’ortodossia dell’austerità; anche quando non ci sono state politiche esplicitamente dettate dall’austerità, come negli Stati Uniti, la paura dei deficit ha portato a strette fiscali de facto.

Il caso del Giappone

Ora un paese sembra rompere con questa ortodossia ed è, a sorpresa, il Giappone:

Il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha infatti presentato un nuovo pacchetto di stimolo economico del valore di 116 miliardi di dollari (10.3 trilioni di yen) che il governo prevede solleverà il prodotto interno lordo del Paese di 2 punti percentuali e creerà 600 mila posti di lavoro. "Stiamo facendo un grande cambiamento verso una politica economica in grado di creare ricchezza attraverso la crescita economica", ha detto Abe.

Il signor Abe ha anche ribadito il suo desiderio per la banca centrale giapponese di impegnarsi più a fondo per fermare la deflazione pompando più denaro nell’economia, il che, secondo il primo ministro, è fondamentale per far sì che le imprese investino e che i consumatori spendino. "Metteremo fine a questa contrazione e cercheremo di costruire un’economia più forte dove i guadagni e i redditi possono crescere", ha detto Abe, "Per questo, il governo deve prima prendere l’iniziativa di creare domanda e rilanciare l’economia intera".

La questione del debito

Ciò è particolarmente notevole se si pensa a quanto sia grande il debito del Giappone. Infatti, già nel 2009, molti dicevano che la tanto attesa catastrofe del debito giapponese stesse finalmente arrivando.

Ma in realtà, non è così. I tassi di interesse a lungo termine del Giappone sono saliti nella primavera del 2009, a causa delle speranze di ripresa, non per paura dei bond vigilantes e quando quelle speranze sono crollate, i tassi sono di nuovo scesi e sono attualmente ben al di sotto dell’1%.

Ora arriva Shinzo Abe. Come ci informa Noah Smith (dottorando in economia presso l’Università del Michigan), Abe non è certo un eroe dell’economia: è un nazionalista, un oppositore delle atrocità della Seconda Guerra Mondiale, un uomo con un evidente poco interesse nella politica economica.

Ma ciò potrebbe non importare. Abe potrà ignorare la saggezza convenzionale sulla spesa, e potrà fare il prepotente nei confronti della Bank of Japan, per tutte le ragioni sbagliate, ma il fatto è che sta in realtà fornendo uno stimolo fiscale e monetario nel momento in cui tutti i governi degli altri paesi avanzati sono "schiavi" delle cosiddette Very Serious People, (espressione sarcastica e dispregiativa riferita a tutti gli esperti e i legislatori che si pensa abbiano opinioni rispettabili e convenzionali, quando in realtà sono solo opinioni sbagliate e stupide, n.d.r.), in attesa che prendano qualche decisione diversa. E finora i risultati in Giappone sono stati del tutto positivi: nessun picco dei tassi d’interesse, ma un forte calo dello yen, che è una cosa molto buona per il Giappone.

Sarà un’amara ironia se un "bad guy", con tutti i motivi sbagliati, finisce per fare la giusta cosa dal punto di vista economico, mentre tutti i "buoni" falliscono perché sono troppo determinati a fare i "buoni". E questo è anche quello che è successo negli anni ’30.

Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: Paul Krugman Blog

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