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Franceschini apre al dialogo ma Renzi lo stoppa, cosa farà il PD alle consultazioni?

venerdì 30 marzo 2018, di Alessandro Cipolla

È un Matteo Renzi in versione stopper vecchio stampo alla Sergio Brio quello che, appena Dario Franceschini ha provato ad aprire una discussione sulle alleanze prima delle consultazioni, ha subito messo un freno ai propositi del ministro.

La linea di Renzi continua a essere sempre la stessa: visti i risultati delle elezioni politiche, il Partito Democratico starà all’opposizione lasciando agli altri il compito di formare un governo. Un diktat questo che dovrebbe essere confermato anche durante le consultazioni, a meno di improbabili ribaltoni interni.

Renzi stoppa Franceschini

Tempi duri per le correnti interne al Partito Democratico. Nonostante le dimissioni da segretario, a comandare è sempre Matteo Renzi che, come ribadito fin dal 5 marzo, ha imposto la linea dell’opposizione.

Dario Franceschini ci ha provato a indire una riunione tra i gruppi Camera e Senato dei dem per discutere sulla linea da tenere prima dell’inizio, dopo le festività pasquali, delle consultazioni al Colle. Proposta che è stata subito rispedita al mittente.

L’attuale reggente del partito Maurizio Martina è subito chiaro a ribadire quali saranno le tempistiche: “Convocheremo prima i gruppi parlamentari e poi la direzione nazionale subito dopo le consultazioni al Quirinale così da poter valutare tutti insieme la situazione politica”.

Il PD quindi farà l’esatto contrario di quanto chiesto da Franceschini: ci si riunirà a discutere soltanto dopo il primo round di consultazioni, dove i dem andranno a ribadire a Mattarella la loro indisponibilità a far nascere un governo assieme ai 5 Stelle.

In teoria la strategia dei renziani può avere senso. Alla fine il primo giro di consultazioni è destinato ad andare a vuoto viste le posizioni ancora distanti tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Sarà importante per i dem quindi capire bene cosa fare quando inizierà la seconda tornata.

Senza dubbio però questa porta chiusa in faccia a un big del partito come Franceschini non avrà fatto piacere al ministro che, bisogna sempre ricordare, tira le fila di una corrente molto numerosa all’interno del partito. I malumori quindi potrebbero soltanto essere stati messi momentaneamente da parte.

Che strategia per il PD?

I risultati del voto del 4 marzo hanno mandato all’aria i piani di Matteo Renzi che contava di tornare a Palazzo Chigi supportato da Forza Italia, centristi e magari anche Liberi e Uguali se fosse stato necessario.

Le urne invece hanno severamente punito tutte queste forze politiche con il PD che ha riconosciuto la sconfitta decidendo fin da subito di mettersi all’opposizione. Nessuna trattativa quindi per cercare di trovare una convergenza con i 5 Stelle.

Una scelta questa non condivisa dalla minoranza interna, convinta che stabilendo un ben preciso papello programmatico il PD assieme al Movimento avrebbe potuto governare in maniera efficace il paese.

Renzi invece è dell’idea che una volta saliti al governo il Movimento 5 Stelle e la Lega falliranno, lasciando così terreno fertile a un ritorno in pompa magna del PD nelle grazie dell’elettorato italiano.

Il rovescio della medaglia però della strategia dell’ex premier è questo: se pentastellati e carroccio dovessero formare un esecutivo capace di tagliare i costi della politica, fare il Reddito di Cittadinanza e abbassare le tasse, il Partito Democratico sarebbe destinato all’estinzione assieme a Forza Italia.

Visto ancora il controllo che Matteo Renzi può esercitare sul partito è quasi scontato che i dem alla fine tireranno dritti per la via dell’opposizione. Se questa si rivelerà una scelta lungimirante sarà poi soltanto il tempo a stabilirlo.

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