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Eurozona: gli esempi di Lettonia e Islanda. Prospettive di dinamite politica?

venerdì 24 maggio 2013, di Erika Di Dio

La Lettonia e l’Islanda mostrano quanto possono essere pesanti i costi economici e sociali della svalutazione interna, rispetto ai costi di una svalutazione esterna. Dal 2008 al 2010, il PIL è diminuito solo la metà in Islanda (svalutazione esterna) di quanto sia diminuito in Lettonia (svalutazione interna).

Situazione Lettonia-Islanda

L’occupazione è scesa del 5% in Islanda contro il 17% della Lettonia. I sostenitori dell’euro possono sostenere che la svalutazione interna stia cominciando a funzionare - i salari reali nei paesi dell’eurozona in difficoltà come la Grecia stanno iniziando a diminuire rapidamente e le riforme strutturali hanno cominciato ad aumentare la produttività. Tuttavia, non si capisce se la tolleranza politica della Lettonia per il collasso della produzione, dell’occupazione e dei redditi può essere riprodotta anche altrove.

L’alternativa principale è il trasferimento. I paesi in deficit possono attutire la loro contrazione con dei trasferimenti dai paesi in surplus, invece che con la svalutazione interna. Il problema è che tali trasferimenti non saranno più indolore.

Prima del 2008, questi hanno preso la forma di prestiti privati ​​transfrontalieri per i governi e le banche, che in molti casi hanno preso in prestito i soldi ai mutuatari offrendo immobili come garanzia. Da quando è scoppiata la bolla del credito nel 2008, questi flussi finanziari privati ​​sono stati sostituiti da trasferimenti dai bilanci dello Stato, che hanno fatto aumentare enormemente i deficit di bilancio e le passività implicite dei Paesi periferici nel sistema di regolamento della Banca centrale europea. La posizione fiscale di molte economie della zona euro non competitive è diventata insostenibile senza i trasferimenti dalla Germania e dagli altri paesi del Nord.

Tali trasferimenti verranno dal denaro dei contribuenti - fornito sia direttamente attraverso il Meccanismo Europeo di Stabilità o indirettamente attraverso le banche dei paesi creditori.

Possibili conseguenze

Questa prospettiva è dinamite politica. Tali trasferimenti sono quindi subordinati ad una rigorosa disciplina di bilancio e alle riforme strutturali. Nonostante le rigide condizioni, i contribuenti / elettori nei paesi creditori come la Germania potrebbero non essere mai d’accordo con l’idea, creando il rischio di una reazione anti-europea. Una reazione del genere diventerebbe certezza nel caso fin troppo probabile che le regole venissero trasgredite o accantonate.

Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: Bloomberg

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