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Eurocrisi: ancora troppe ricette per il disastro

martedì 5 febbraio 2013, di Erika Di Dio

Quella di ieri è stata una giornata brutale per i mercati europei che recentemente non hanno avuto molte giornate del genere. I rendimenti obbligazionari sono cresciuti intorno alla periferia, e le azioni sono scese bruscamente, trascinate giù dalle azioni italiane.

Sarebbe prematuro dichiarare una nuova ripresa della crisi per la zona euro. Eppure questo dovrebbe essere il promemoria che dice all’Europa che il compiacimento è un nemico e che la moneta unica è ancora molto vulnerabile. Semplicemente, le cose potrebbero andare a monte in troppi modi.

I recenti dati economici sono stati decenti, da standard dell’euro-area. Mentre la produzione sembra essere ancora in contrazione in gran parte della zona euro, il ritmo del declino sembra si stia attenuando, soprattutto per quanto riguarda l’attività industriale e l’occupazione. Considerando i quiescenti mercati finanziari e l’economia mondiale in crescita, si potrebbe immaginare un ritorno alla crescita per l’economia entro la fine dell’anno. Tuttavia, il numero di potenziali blocchi politici che rappresentano seri ostacoli per la crescita, è sufficiente per far cambiare pensiero. Come lo scandalo mazzette intorno al premier spagnolo Mariano Rajoy, che potrebbe mettere in pericolo il suo governo. Oppure la minaccia angosciante della violenza politica in Grecia. Oppure la situazione in Italia, dove lo scandalo si dispiega anche nel sistema bancario, mentre Silvio Berlusconi continua a premere sulle offerte del suo ritorno politico.

Grande livello di incertezza

In ogni caso, ci sono più livelli di incertezza da considerare. Quale potrebbe essere l’impatto diretto, per esempio, degli sviluppi nel settore bancario italiano sulla forza del sistema bancario? Inoltre, come gli sviluppi politici intorno alla periferia potrebbero influire sulle riforme previste? In teoria, le condizioni politiche potrebbero rallentare il ritmo di austerità (Berlusconi chiede degli sgravi fiscali, per esempio). Ma allora ci si deve chiedere come le altre istituzioni europee potrebbero reagire.

La Commissione europea (con una forte influenza tedesca) e la Banca centrale europea, hanno fatto affidamento ad alti rendimenti dei titoli per strappare riforme da riluttanti governi periferici e, più o meno, per progettare cambi di regime quando necessario. La sostituzione di Berlusconi con il riformista tecnocrate Mario Monti è stata un ingrediente chiave per vincere l’intervento della BCE nei mercati finanziari e le concessioni politiche tedesche verso la periferia. E se alcune di queste riforme e cambiamenti politici fossero annullate?

Rischi per il futuro

Ma gli europei stanno correndo enormi rischi, mentre i mercati si stanno comportando in modo benigno. La BCE, in particolare, merita critiche. Agendo eroicamente per evitare un break-up dell’euro guidato dai mercati, restando a guardare mentre la recessione dà un giro di vite alla periferia, non ha fatto altro che gettare i semi della crisi politica e un ritorno al caos di mercato. Un ritorno alla crescita dell’eurozona non avrebbe impedito l’emergere degli scandali in Spagna e in Italia, naturalmente. Ma avrebbe ridotto la probabilità che gli "intrighi” politici rigettassero tutto in crisi.

Forse le cose in Europa andranno a finire bene. Ma ci sono troppe ricette per il disastro. E il rischio che qualcosa andrà storto è tanto più grande a causa dell’approccio apatico dell’Europa alla grave recessione e al problema crescente della disoccupazione.

Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: Economist

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