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Euro: la crisi politica? Sarà per sempre e distruggerà la moneta unica

lunedì 17 giugno 2013, di Federica Agostini

Michel Ivanovitch, ex economista per l’OCSE e la Federal Reserve, docente di economia alla Columbia e oggi presidente dell’agenzia di ricerche economiche MSI Global, scrive un’interessante analisi sulla situazione dell’Eurozona dal titolo: "La permanente crisi politica dell’Euro".

Il post, ospitato dalla Cnbc -che riportiamo in traduzione- analizza la situazione politica ed economica dell’Eurozona, dalla prospettiva degli investitori. E la conclusione a cui giunge è tutt’altro che scontata.

Euro: un esperimento politico non proprio democratico

L’Euro è uno degli esperimenti politici più importanti della storia d’Europa. Nata con un enorme deficit democratico, la moneta unica ha corso legale in 17 paesi per un totale di 300 milioni di persone e rappresenta circa un quarto delle riserve mondiali di valuta.

Niente male, dunque, per un’unione monetaria il cui architetto capo, il Cancelliere tedesco Helmut, ha recentemente ammesso che se avesse tenuto un referendum 24 anni fa chiedendo all’elettorato tedesco di scegliere tra il Marco e l’Euro, molto probabilmente il secondo avrebbe perso.

Ma quest’ambivalenza persiste. Trattandosi sostanzialmente di un atto di fede politica, l’Euro è un esempio unico di una classe di asset dalle caratteristiche d’investimento intrinseche, allo stesso tempo cavalcato da una nevrosi quasi permanente degli investitori in merito alla sua vitalità come moneta di transazione e affidabile "scorta" di valore.

Per semplificare le cose, entrambi questi aspetti della valutazione dell’Euro possono essere considerati come questioni di lungo e breve termine.

Breve termine: l’outlook positivo dell’Euro

Nel breve termine (un periodo di massimo un anno) l’outlook dell’Euro continua ad essere positivo. La moneta unica sta facendo molto bene: continua a salire contro il dollaro, nonostante l’allargamento del differenziale dei tassi di interesse che favorisce gli asset denominati in Dollari. In termini di scambi, dall’inizio dell’anno l’Euro è salito del 4% contro il Dollaro USA.

I guadagni dell’Euro sono sostenuti dagli importanti e continui miglioramenti delle eccedenze all’interno dell’Unione monetaria, dai deficit di bilancio in calo (specie i deficit strutturali) e dal rallentamento della crescita del debito pubblico.

Da una prospettiva di investimento a breve termine, dunque, non è una cattiva idea comprare azioni ed obbligazioni della zona Euro. L’economia della regione sembra aver toccato il fondo e la possibilità di una ripresa debole e non inflazionistica offre interessanti spunti di investimento in entrambe i tipi di asset.

Crisi politica: convengono investimenti a lungo termine sull’Euro?

Ma gli investimenti a lungo termine sono una cosa diversa. I recenti avvenimenti sottolineano come gli investitori a lungo termine sull’euro siano esposti a gravi e numerose incertezze. Ad esempio:

  • Una fragile struttura istituzionale all’interno della zona Euro;
  • Politiche economiche scarsamente coordinate;
  • Sistemi finanziari frammentati;
  • L’assenza di consenso sul trasferimento dei poteri di sovranità nazionale al fine di creare una struttura politica integrata, necessaria per il corretto funzionamento di un’unione monetaria.

La crisi attuale, dunque, fornisce una chiara dimostrazione di quanto questi fattori siano devastanti per una zona Euro che manca di posti di lavoro, redditi e vitalità politica della moneta unica.

Il vero problema dell’Euro? Non sono i paesi indebitati

La questione non è -come continuano a ripetere alcuni leader tedeschi- il fatto che alcuni paesi abbiano violato la regola del deficit di bilancio (non oltre il 3% del Pil) o che gli altri non abbiano adeguatamente sorvegliato i propri sistemi bancari. La Germania dovrebbe seguire il vecchio consiglio del "chi è senza peccato, scagli la prima pietra". Infatti, la Germania è stato il primo grande paese a violare l’obbligo sul deficit al 3% nel 2002, inoltre ha avuto a che fare con una serie di problemi bancari sulla scia della crisi dei mutui subprime.

Il problema è che quando accade qualcosa, l’Eurozona non è in grado di gestire i propri problemi in modo rapido ed efficace.

L’area Euro non ha meccanismi di sorveglianza che prevengano la cattiva gestione economica negli stati membro. Per questo, dunque, la zona Euro non è in grado di correggere un problema fino a quando questo non abbia assunto le dimensioni di una crisi dalle proporzioni sistemiche.

Un recente rapporto del FMI punta il dito contro la zona Euro e la Commissione Europea per la mala gestione del salvataggio in Grecia, seguito dall’inasprimento della recessione e dall’aumento della disoccupazione. Ad essere onesti, il Fondo Monetario Internazionale sa che non è stato fatto di più perché Francia e Germania non hanno raggiunto un accordo su cosa andava fatto, lasciando la Grecia alla deriva.

Le discordie sull’asse Franco-Tedesco uccideranno l’euro

Gli investitori devono comprendere che nulla di sostanziale è stato fatto per prevenire che situazioni simili si ripresentino in futuro. Non c’è alcuna garanzia credibile sul futuro dell’unione monetaria della zona euro.

Il nuovo accordo fiscale (il cosiddetto "fiscal compact") concluso alla fine del 2011, mantiene i vecchi target sul deficit e le regole sul debito pubblico (rispettivamente il 3% e il 60%).

Ma sono proprio le nuove discussioni sull’unione bancaria ed i poteri da concedere alla Banca Centrale Europea per il meccanismo di supervisione, ad enfatizzare le spaccature profonde tra i due stati membro più importanti: Francia e Germania.

Un esempio dell’astio che circonda le politiche monetarie della BCE è il fatto che la Corte Costituzionale tedesca tenga sotto osservazione il piano anti-spread lanciato la scorsa estate, uno strumento mai utilizzato il cui semplice annuncio ha prevenuto il disgregamento della moneta unica. Già due membri tedeschi hanno consegnato le loro dimissioni dalla banca centrale e l’attuale leader della Bundesbank è un attore chiave nel contesto dell’Eurozona, specie perché si tratta di uno dei consiglieri economici più stretti della Cancelliera Merkel.

Al centro di tutto questo, vi è una grave crisi delle relazioni internazionali tra Francia e Germania. Non solo una "amichevole tensione", come la definisce Hollande, ma un muro politico di mattoni che fa ombra su un ampio spettro di questioni chiave: nel momento in cui la gestione dell’euro richiederebbe un sostanziale trasferimento di sovranità, Parigi e Berlino non sono d’accordo.

Le cose sono così terribili che Hans-Olaf Henkel, ex presidente della Federazione Industriale tedesca, ha scritto che l’asse franco-tedesco può essere salvato soltanto con l’abbandono dell’Euro: un pensiero inquietante se si pensa che in questo momento i due paesi dovrebbero celebrare i 50 anni dalla loro riconciliazione.

Per un europeista convinto, queste sono verità dure da accettare. Ma credo che la conclusione, salvo un capovolgimento degli accordi tra Francia e Germania, sia un futuro desolante e desolato per l’Euro.

I trader del mercato forex non rischiano molto nelle transazioni di euro a breve termine, ma gli investitori a lungo termine dovrebbero pensare due volte prima di impegnarsi in attività denominate in Euro.

Dalla Cnbc: The Euro’s Permanent Political Crisis

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