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Draghi e la BCE hanno davvero salvato l’Euro? O proteggono la finanza?
mercoledì 8 maggio 2013, di
I mercati finanziari hanno molta fiducia nei confronti di Mario Draghi. Troppa, per certi versi.
Hanno iniziato un rally la scorsa estate quando il presidente della Banca Centrale Europea ha promesso di fare "tutto il necessario" per salvare l’Euro. E un rally è iniziato anche lo scorso giovedì, quando la BCE ha tagliato i tassi di interesse allo 0.50%.
I tassi sulle obbligazioni sono scesi nell’Eurozona, raggiungendo minimi da record in Francia e abbassandosi al di sotto del 10% in Grecia. Anche alla borsa, la notizia è piaciuta.
Mercati: tanto ottimismo per cosa?
Ma la notizia garantisce davvero una risposta così ottimista? Non del tutto. Siamo onesti, la riduzione dei costi di prestito nell’Eurozona è ben accetta ed era stata segnalata già in precedenza. Inoltre, era il minimo che la BCE avrebbe potuto fare con una recessione che peggiora di trimestre in trimestre e l’inquietante spettro di una deflazione in stile giapponese che sembra essere dietro l’angolo.
Draghi ha anche suggerito la possibilità che la BCE consideri tassi negativi per i depositi, che implica che le banche dovrebbero pagare per il privilegio di "parcheggiare" il denaro presso la banca centrale d’Europa. Tale minaccia, si spera, incoraggerà le banche a prestare piuttosto che a detenere la liquidità. Inoltre, Draghi ha detto che la BCE consulterà la European Investment Bank e la Commissione Europea per far sì che venga promosso e incentivato il credito alle PMI, piccole e medie imprese.
BCE: il piano salva-Europa?
Senza alcuno sforzo dell’immaginazione, tutto ciò si configura come un piano di salvataggio per una zona Euro che vive il secondo anno di calendario fatto di produzione in declino e disoccupazione in aumento che supera il 12%. La Bank of England ha messo in atto il "Fund for Lending Scheme" nel 2012, la BCE è ancora alla bozza.
Forse, questo non è così sorprendente. La BCE è un’istituzione conservativa, nonostante la guida di Mario Draghi. La libertà d’azione della banca è costretta dall’insistenza della Germania che i problemi dei paesi siano causati dalla mancanza di riforme strutturali, e non dalla domanda insufficiente. Sembra essere chiaro dalla conferenza stampa di Draghi che la decisione di tagliare i tassi non fosse stata unanime e non bisogna essere un genio per intuire che la voce di Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank tedesca, fosse tra quella dei dissidenti.
Il collasso dell’Euro e la protezione della finanza
Possiamo immaginare che il taglio ai tassi della BCE possa aiutare a promuovere il recupero della produzione. (Sebbene, allo stesso tempo, può contribuire a sostenere la fiducia di consumatori e imprese.)
Il declino nei tassi sui titoli della Grecia suggerisce che i rischi di un’eventuale rottura della moneta unica siano marcatamente diminuiti da quando Draghi ha proferito la famose frase "Whatever it takes" nel luglio del 2012.
La minaccia di un’immediata rottura dell’euro è certamente diminuita, ma nonostante il calo economico, la crisi del debito e gli squilibri strutturali, è un’idea piuttosto utopica voler considerare che i rischi di collasso siano simultaneamente tutti spariti.
No, ciò a cui stiamo realmente assistendo è una fede quasi religiosa nella capacità e nella volontà delle banche centrali di prevenire perdite sofferenti agli investitori. Nella prima parte dello scorso decennio si parlava di una cosa conosciuta come l’idea di Greenspan: ogni volta che Wall Street è nei guai, il governatore della Federal Reserve la salverà tagliando i tassi di interesse.
Delle due, una
Nel 2013 abbiamo l’idea di Bernanke, l’idea di King e l’idea di Draghi. Le cattive notizie economiche vengono trattate dai mercati come buone notizie perché i mercati le interpretano come il segno che ci saranno nuovi tagli ai tassi di interesse o maggiori allentamenti.
Prima o poi, una delle due cose dovrà accadere: la ripresa finalmente arriverà, oppure la realtà tornerà ad imporsi.
| Traduzione italiana a cura di Federica Agostini | Fonte: The Guardian |