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Detenuti politici in Spagna: l’Ue cosa dice?

lunedì 6 novembre 2017, di Felice Di Maro

In un tweet in fiammingo aveva detto di essere “pronto a cooperare pienamente con la giustizia belga sul mandato di arresto europeo emesso dalla Spagna” e, senza attendere che venisse eseguito il fermo da parte della polizia belga, Puigdemont e i suoi ministri domenica 5 novembre si sono presentati spontaneamente presso il Commissariato della polizia federale belga a Rue Royal 202 di Bruxelles.

Il portavoce della procura belga, Gilles Dejemeppe, ha confermato che il giudice istruttore non ha eseguito il loro arresto ed ha dichiarato:

Queste cinque persone saranno ascoltate oggi pomeriggio ed il giudice prenderà una decisione entro le 9 di domani mattina.

Dopo gli interrogatori di Puigdemont e i suoi ministri il giudice istruttore deciderà se rilasciarli o se trasformare lo stato di fermo attuale in detenzione. Ognuno sarà interrogato singolarmente alla presenza di un avvocato e di un interprete. In questa prima fase della procedura non si tratta di determinare se devono essere trasferiti in Spagna per essere processati ma valutare se esiste il rischio di una fuga dal Belgio durante la decisione in corso, un periodo che può durare fino a 90 giorni.

Giovedì 9 novembre una delegazione di sindaci della Catalogna si recherà a Bruxelles per protestare contro gli arresti. Contro tutti gli arresti ci sarà un sciopero generale mercoledì 8 novembre e una grande manifestazione è in programma per sabato 11 novembre. Se vogliamo una sintesi delle tensioni che ci sono in Catalogna e che cogliamo nelle immagini dei telegiornali la si legge in un tweet di Puigdemont, eccola:

Il governo legittimo della Catalogna incarcerato per le sue idee e per essere stato fedele al mandato approvato dal parlamento catalano. Il clan furioso del 155 (l’articolo della Costituzione applicato da Madrid per destituire il governo catalano) vuole il carcere. Il clan sereno dei catalani, la libertà.

Ecco perché in tutta la Catalogna si grida “Llibertat” e “Non è giustizia, è dittatura!

Con la richiesta di estradizione chiesta dalla Audencia Nacional di Madrid alla Procura belga il cuore della vicenda catalana ora è Bruxelles mentre l’Unione europea osserva senza fare dichiarazioni esplicite ma soltanto brevi comunicati, anzi brevissimi che nei telegiornali a volte si leggono in meno di un minuto, ma se il 21 dicembre gli indipendentisti vinceranno le elezioni dovrà uscire dal silenzio e prendere una posizione (o meglio dire) dovrà ufficializzarla, in quanto ha ampiamente dimostrato che ce l’ha anche se la tiene nascosta con il silenzio formale. La repressione giudiziaria neofranchista di Rajoy è in pieno svolgimento.

In Spagna ci sono detenuti politici: e l’Unione europea cosa dice?

Dichiarare che la Catalogna è un problema interno alla Spagna non è accettabile perché presso l’Ue c’è un comitato delle regioni molto attivo. L’Unione europea è chiamata a dire cosa vuole fare e deve argomentare la sua posizione non soltanto sulla base del diritto giurisprudenziale corrente sia internazionale e sia legato al trattato Ue dell’Unione come in prevalenza a quest’ultimo si è sempre ispirato nei suoi brevissimi comunicati che ha fatto fino ad oggi ma anche a livello politico e a nome degli stati che rappresenta perché l’indipendenza della Catalonia dalla Spagna è una questione politica europea.

Oggi in Spagna ci sono detenuti politici e l’Unione europea è complice!

Una dichiarazione importante del ministro degli Interni del Belgio Jan Jambon attende di avere attenzione per dare una valutazione sulla vicenda catalana su come sta operando l’Audencia Nacional di Madrid. Ha dichiarato:

…Questo avviene in un Paese europeo, sottolineo il silenzio di tutte le parti. Mi pongo la domanda: che cosa aspetta l’Unione Europea ad esprimersi? Se fosse successo in Polonia o Ungheria, credo ci sarebbe stata una reazione diversa.

La Procura belga ha confermato che ha ricevuto la richiesta della magistratura spagnola del mandato d’arresto con la richiesta di estradizione Charles Puigdemont e i suoi 4 suoi ministri che lo hanno seguito a Bruxelles. La notizia è stata data proprio mentre la tv spagnola trasmetteva un’intervista rilasciata dallo stesso Puigdemont a Bruxelles da un’emittente belga. Vedremo se la magistratura belga e anche s’intende le stesse autorità belghe daranno seguito al provvedimento della magistratura spagnola che aveva preannunciato attraverso i media questo mandato di cattura europeo.

Nonostante le tensioni in campo Carles Puigdemont è pronto a candidarsi alle elezioni catalane del 21 dicembre anche dall’estero come ha dichiarato in un’intervista alla tv pubblica belga Rtbf:

È possibile condurre una campagna da qualsiasi luogo perché siamo in un mondo globalizzato. Noi ci consideriamo un governo legittimo. Deve esserci una continuità, soprattutto per dire al mondo che cosa veramente succede in Spagna. Ci saranno elezioni che vogliamo possano svolgersi nelle condizioni più normali possibili, e non è con un governo in carcere che queste elezioni saranno neutrali, indipendenti, normali.

C’è da chiedersi come sia possibile fare una campagna elettorale stando in carcere per quelli già arrestati oppure stando in un altro paese. Le assemblee con i cittadini sono il cuore della democrazia ma questa è la Spagna di Mariano Rajoy, uno stato che nel 2017 è una monarchia ereditaria e non per caso il manifesto lanciato da Puigdemont per un’alleanza dei democratici in Catalogna ha superato le 80mila adesioni.

In Catalogna le manifestazioni sono continue anche perché sono ancora in carcere Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, dell’Assemblea Nazionale Catalana (ANC) e di Ómnium, quest’ultima la più vecchia organizzazione indipendentista. Sono stati arrestati il 16 ottobre e sono stati accusati di sedizione che sarebbe il reato che compie un funzionario che impedisce l’applicazione della legge con la forza o con mezzi fuori dalla legge. In pratica avrebbero cercato di impedire o di rallentare le operazioni della Guardia Civil il 20 settembre negli edifici governativi catalani di Barcellona, quando proprio la Guardia Civil era stata comandata dalla Procura generale di Madrid di sequestrare il materiale legato al referendum del primo ottobre. Dello stesso reato era stato accusato anche Josep Trapero, il capo dei Mossos d’Esquadra, ma l’Audiencia Nacional decise di non arrestarlo.

Il Vice-Presidente Oriol Junqueras dal 2 novembre sta nel carcere di Estremera, vicino a Madrid e con lui anche i ministri degli Esteri Raul Romeva degli Interni, Joaquim Forn della Giustizia, Carles Mondò e le ministre Meritxell Borras e Dolors Bassa. La giudice Carmen Lamela ha giustificato il loro arresto senza cauzione con il pericolo di fuga e reiterazione di reato dopo averli convocati nella mattina di giovedì 2 novembre a Madrid per interrogarli. I loro legali hanno denunciato una procedura sbrigativa con irregolarità e con gravi violazioni del diritto di difesa.

Puigdemont sarà il primo candidato alle elezioni del 21 dicembre e sarà a capo di una lista unica formata da tutte le forze indipendentiste. Marta Pascal, coordinatrice generale del Partito democratico europeo catalano, PDeCAT, durante il consiglio nazionale del movimento a Barcellona ha dichiarato:

Vogliamo che il presidente Puigdemont continui ad essere la persona che guida una grande lista del Paese il prossimo 21 dicembre.

8 e 11 novembre Sciopero Generale e manifestazione

L’Intersindacale catalano Csc per mercoledì 8 novembre ha proclamato uno sciopero generale e sabato 11 novembre Anc e Omnium hanno indetta una manifestazione a Barcellona contro gli arresti. Lo sciopero oltre ad essere contro gli arresti era stato proclamato in risposta alla precarietà sui luoghi di lavoro per le varie riforme del lavoro realizzate negli ultimi anni e vuole essere una risposta all’impoverimento della classe operaia a causa dei salari bassi che generano una povertà di circa il 20% dei lavoratori. Nel comunicato si legge:

Vediamo che una parte importante della classe operaia non può soddisfare le spese minime per garantire una sussistenza decentrata mentre, dall’altro, spariscono miliardi di euro nell’opacità del salvataggio alla banca. Proclamiamo anche questo sciopero generale per aver richiesto l’abrogazione del "Decreto Legislativo 15/2017 del 6 ottobre su misure urgenti nel campo della mobilità degli operatori economici all’interno del territorio nazionale" per i suoi effetti pregiudizievoli sul mondo del lavoro e del tessuto produttivo Catalano che hanno favorito il trasferimento delle imprese nel nostro paese e hanno colpito seriamente l’economia catalana e la classe operaia.

La manifestazione di sabato 11 sarà una risposta contro gli arresti.

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