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Crisi, la proposta lacrime e sangue del tedesco Sinn: "la sola speranza per l’Italia è la svalutazione (reale) dell’Euro"

venerdì 10 ottobre 2014, di Alessandro Iacopini

Il guru degli economisti di destra tedeschi Hans-Werner Sinn è continuamente pronto a lanciare strali contro l’Italia, da sempre considerato Paese spendaccione e con troppi debiti.

Ma nel suo ultimo articolo, pubblicato martedì sul quotidiano economico tedesco Handelsblatt, il professore avanza un proposta seria, che a suo dire è l’unico modo possibile per far uscire l’Italia dalla stagnazione: attuare una svalutazione reale dell’euro attraverso un drastico taglio dei salari.

Hans-Werner Sinn è il presidente dell’Ifo, Istituto tedesco per lo studio della congiuntura economica, ed è noto per i suoi attacchi alla Bce, spesa pubblica e indebitamento degli Stati europei.

Sinn è uno degli economisti più ascoltati e rispettati di Germania e, secondo un recente sondaggio della Frankfurter Allgemeine Zeitung, è lo studioso più stimato dai funzionari ministeriali tedeschi

Scrive Sinn, partendo dalla realtà:

“L’Italia è in stagnazione da oltre dieci anni e dallo scoppio della crisi (fine 2007) ad oggi la produzione aggregata è caduta, risalita e ricaduta per ben tre volte; il Pil è sceso complessivamente del 9% e la produzione industriale del 24%.”

Poi aggiunge:

“La risposta italiana alla crisi è avvenuta nel peggiore dei modi: gonfiando ancora di più il debito, grazie ai tassi bassi garantiti dalla Bce e dalle azioni di salvataggio dell’euro. Ora Renzi dice che vuole fa ripartire la crescita, ma il realtà vuole solo accumulare ancora più debiti”.

Con i debiti, aggiunge il professore, si potrebbe stimolare la domanda interna, ma tuttavia:

“ sarebbe una domanda artificiale, un fuoco di paglia”.

Sinn avanza quindi la sua proposta: per l’Italia l’unica possibilità è svalutare l’euro. Ma come, visto che bisognerebbe svalutarlo in tutta Europa tramite la BCE?

Secondo Sinn l’Italia dovrebbe mettere in atto una svalutazione reale. In sostanza si tratterebbe di deprezzare i beni e i servizi che il nostro paese produce e vende per adattarne il prezzo alla minore produttività italiana. Insomma, non potendo intervenire sul tasso di cambio, l’unica alternativa possibile è un drastico taglio dei salari e un aumento della flessibilità.

Spiega Sinn:

“da quando si decise di introdurre l’euro (1995) alla fine del 2013 l’Italia è diventata più cara del 25% rispetto ai suoi partner commerciali. Il 17% a causa di un’inflazione relativamente più alta, a cui va sommato l’8% dovuto alla rivalutazione della lira prima dell’entrata nell’euro”.

Allo stesso tempo avverte:

“Una simile misura però, da un lato abbasserebbe i prezzi italiani, mentre dall’altro aumenterebbe il peso del debito privato mettendo in difficoltà i debitori, il cui debito reale crescerebbe. Molte imprese e famiglie finirebbero in bancarotta”.

Ma non solo, perché dopo una svalutazione reale crollerebbero le entrate fiscali e il debito pubblico decollerebbe: una catastrofe. Eppure per il professore lo shock durerebbe solo un paio d’anni, poi l’Italia riprenderebbe a crescere meglio di prima.

Conclude il Sinn:

“Sarebbe una valle di lacrime che nessun politico italiano, troppo preso da preoccupazioni elettorali di breve periodo, avrebbe il coraggio di attraversare”.

Coraggio Professor Sinn, l’attraversi lei.

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