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Crisi in Slovenia: sarà effetto domino? La situazione riassunta in 6 punti

mercoledì 10 aprile 2013, di Federica Agostini

Lo scorso mese, gli investitori di tutto il mondo hanno ricevuto una lezione di geografia mediterranea quando l’Europa stava cercando di elaborare un piano di salvataggio per la piccola isola di Cipro.

Oggi, grazie alla Slovenia, i partecipanti del mercato tornano a sudare freddo perché la stessa storia potrebbe ripetersi, ma in versione balcanica.

Prima che si asciugasse l’inchiostro delle firme sull’accordo di salvataggio di Cipro, in disastro a causa del sistema bancario, avevano già iniziato a profilarsi le prime preoccupazioni per la Slovenia, un piccolo paese, ex membro della repubblica Iugoslava che confina con Italia, Croazia, Ungheria ed Austria.

Sarà effetto domino? Ecco la situazione della Slovenia e della probabile crisi imminente, riassunta in 6 punti.

1. Quali sono i problemi della Slovenia?

L’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OCSE) ha rilasciato ieri un rapporto sulla Slovenia in cui si afferma che il paese potrebbe trovarsi a dover affrontare a breve una "grave crisi bancaria".

Il campanello d’allarme, acceso già qualche tempo fa, ha iniziato a suonare più forte dopo che l’OCSE (che rappresenta le 34 economie più avanzate del mondo) ha spiegato come la Slovenia abbia sottostimato in modo significativo i costi di ricapitalizzazione delle banche nazionali.

La Slovenia, infatti, stima che tale costo possa aggirarsi attorno ad 1 miliardo di Euro, ma l’OCSE sostiene che tale cifra derivi da analisi quanto mai obsolete.

(Approfondimento - Slovenia: emissioni di debito e rischio crisi. Un altro paese dal futuro incerto?)

2. Quanto conta l’economia slovena?

La Slovenia rappresenta lo 0.4% del Prodotto Interno Lordo della zona Euro (Cipro, per stabilire un paragone, ne rappresenta lo 0.2%). Ma non è tutto, sempre secondo le stime OCSE, il PIL sloveno potrebbe subire nel 2013 una contrazione del 2.1%, a seguito del -2.3% registrato nel 2012.

3. L’origine dei problemi?

Inutile a dirsi, le banche.

La Slovenia è l’unico ex stato comunista che ha esitato nella privatizzazione del sistema bancario, per buona parte ancora nelle mani dello Stato. Secondo l’agenzia Reuters, questo sistema rende i contribuenti sloveni fortemente esposti a perdite anche e soprattutto perché tra le banche di monopolio Statale (che rappresentano circa i 2/3 del settore bancario), molte detengono numerosi crediti in sofferenza.

4. La posizione della Slovenia

Il Primo Ministro, Alenka Bratusek, ha detto ai giornalisti di Bruxelles lo scorso martedì che il paese non avrà alcun bisogno di aiuti e di nessun piano di salvataggio. Magra consolazione per gli investitori che hanno assistito a scene simili già per la Grecia, per l’Irlanda e gli altri destinatari dei salvataggi UE.

Ma la Slovenia non è come Cipro, non è un paradiso fiscale, ha aggiunto il premier Sloveno tentando di calmare le acque attorno alle questioni del suo paese.

5. La posizione di Bruxelles

Il Presidente della Commissione Europea, Jose Manuel Barroso, ha incontrato Bratusek ed ha poi riferito alla stampa che non c’è in atto alcuna trattativa per un eventuale salvataggio del Paese. Cogliendo l’occasione, Barroso ha tenuto a precisare che la storia controversa del salvataggio di Cipro che ha coinvolti i depositi bancari non sarà un "modello" per gli altri salvataggi.

Molti economisti, infatti, sostengono che il salvataggio di Cipro possa rappresentare uno stimolo per i correntisti a far volare i propri capitali lontano dalle zone dell’Euro sottoposte a stress dalla crisi, un’eventualità che non farebbe altro che amplificare gli effetti della crisi stessa.

6. La posizione dei mercati

I mercati sono molto interessati alle vicende della Slovenia, ma non per questo nel panico. Il costo per assicurare i 10 milioni di dollari di debito della Slovenia contro il mancato pagamento, tramite CDS (credit default swap), è stato di 250,000 dollari ogni anno, prima che fosse annunciato il salvataggio di Cipro dalla metà di marzo. Oggi, secondo le informazioni finanziarie dell’istituto Markit, lo stesso costo ammonta a circa 328 mila dollari.

Traduzione di Federica Agostini Fonte: MarketWatch

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