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Contratto a tutele crescenti e licenziamenti illegittimi 2015: reintegro, indennità, casi particolari. Le regole in vigore dal 1°marzo 2015

martedì 24 febbraio 2015, di Vittoria Patanè

Il Consiglio dei Ministri del 20 febbraio ha approvato in via definitiva il decreto attuativo della legge 10 dicembre 2014, n. 183 che disciplina le nuove norme relative al contratto a tutele crescenti e ai licenziamenti.

Se il testo verrà pubblicato per tempo in Gazzetta Ufficiale, le nuove regole entreranno in vigore a partire dal 1°marzo 2015.

Vediamo dunque cosa prevede la nuova disciplina in materia di contratto a tutele crescenti e licenziamenti illegittimi.

Contratto a tutele crescenti
Le nuove disposizioni in materia di contratto a tutele crescenti e licenziamento illegittimo si applicano ai lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Il decreto sottolinea che le norme si riferiscono anche ai casi di conversione, successiva all’entrata in vigore del decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato.

Se il datore di lavoro, dopo aver effettuato un’assunzione con la seguente tipologia contrattuale dopo l’entrata in vigore delle nuove regole, decide di integrare il requisito occupazionale di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto.

Nel silenzio della norma possono considerarsi esclusi i lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione.

Licenziamenti 2015: i tre casi di illegittimità
Il Giudice può dichiarare la nullità di un licenziamento nei seguenti casi:
 se il licenziamento è considerato discriminatorio a norma dell’articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni,
 se il licenziamento è riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge.
 se il licenziamento è dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.

Licenziamenti illegittimi 2015: reintegro e risarcimento
Nel caso in cui il Giudice reputi un licenziamento illegittimo perché discriminatorio, nullo o intimato in forma orale, può ordinare al datore di lavoro, all’imprenditore o non imprenditore, il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro indipendentemente del motivo formalmente addotto.

Si sottolinea che un rapporto di lavoro viene inteso come risolto quando il lavoratore non ha ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità di cui al terzo comma del presente articolo.

Il giudice può inoltre condannare il datore di lavoro al risarcire il lavoratore per il danno subito, nel caso in cui sia stata accertata la nullità o l’inefficacia del licenziamento, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative.

In ogni caso l’importo del risarcimento dovrà essere superiore a cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
Per lo stesso periodo, il datore di lavoro dovrà versare anche i contributi previdenziali e assistenziali.

Licenziamenti illegittimi 2015: indennità
Secondo quanto stabilito dal decreto, il lavoratore può richiedere al proprio datore di lavoro, in alternativa al reintegro, un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.

La suddetta richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro e non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La domanda di indennità dovrà essere effettuata entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia del giudice o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.

In ultimo si sottolinea che le nuove regole si applicano anche nei casi in cui il Giudice accerti il difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore.

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