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Bill Gross (Janus Capital): la deflazione può mandare sul lastrico milioni di persone
martedì 11 novembre 2014, di
Il rischio deflazione appare oggi più che mai concreto nelle principali aree economiche del mondo. Negli Stati Uniti l’indice dei prezzi al consumo non riesce a restare stabilmente sopra l’1,5%, come anche nel Regno Unito. Il Giappone ha sofferto di questo male per un ventennio e oggi vuole uscirne anche a costo di rischiare tantissimo con politiche monetarie e fiscali spericolate. L’Eurozona la sta sperimentando realmente da inizio anno e il trend decrescente dei prezzi ha già portato il tasso di inflazione vicino allo zero.
Deflazione (o quasi) sparsa in giro per il mondo: per le banche centrali è un rischio che oggi il mondo non può permettersi di correre. Perché? A spiegarlo è il re dei bond, Bill Gross, ex giocatore di blackjack a Las Vegas e oggi considerato il gran cerimoniere dell’immenso mercato globale dei bond. Qualche settimana fa ha fatto parlare di sé per aver lasciato la Pimco, il più grande asset manager obbligazionario al mondo con quasi 2.000 miliardi di dollari in gestione.
Gross ora dirige un importante fondo al Janus Capital Group, dove collabora tra gli altri con il premio Nobel Myron Scholes. Nella sua ultima newsletter mensile Gross ha spiegato che il tasso di inflazione prossimo allo zero in diverse zone del gobo è un male da sconfiggere, ma il compito non sarà facile in un contesto di tassi di mercato già appiattiti e con le banche centrali che hanno già sparato gran parte delle munizioni a propria disposizione. Secondo Gross il problema è che ai giorni nostri la stragrande maggioranza del credito circola nella finanza e non più nell’industria.
Nel XIX secolo, a cavallo tra il 1873 e il 1893, la deflazione negli USA non fu poi un’esperienza così tragica, anzi creò prosperità in una fase in cui il credito supportava il boom industriale e molto meno l’ascesa della finanza. Oggi si stima che il credito circolante sia pari a 100.000 miliardi di dollari, compreso quello trasmesso dal sistema bancario omba (shadow banking) e che il tasso di interesse incorporato oscilli tra il 4% e il 5%. Appare, dunque, ovvio che per reggere le complesse strutture economiche odierne sia necessario un tasso di inflazione minimo del 2% - obiettivo dichiarato apertamente dalle principali banche centrali - ma anche supportare elevati tassi di crescita del pil e scongiurare in ogni modo il rischio di deflazione.
Il rimedio più rapido e ovvio è diventato ben presto il torchio tipografico. In 6 anni la FED ha pompato più di 4.000 miliardi di dollari nel sistema, la Bank of Japan vuole stampare 2.000 miliardi di dollari e anche la BCE ha pronti 1.000 miliardi per sfuggire alla deflazione. Secondo Bill Gross, però, le politiche monetarie ultra-espansive da sole non bastano. Gli stimoli monetari finiscono nella finanza, accrescendo oltremodo le quotazioni azionarie e obbligazionarie a Wall Street e in altre piazze finanziarie. La disoccupazione resta invece elevata, gli stipendi non crescono e l’economia reale non si espande ai ritmi desiderati. Per raggiungere i propri obiettivi manca quindi l’apporto dei governi, che dovrebbero perseguire politiche fiscali espansive tagliando il più possibile le tasse per consentire alle imprese di investire ed assumere più facilmente e ai consumatori di tornare a spendere serenamente.