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BCE spingerà l’euro almeno a 1,20 per scongiurare il rischio deflazione
lunedì 29 settembre 2014, di
Il dato di oggi relativo all’andamento dei prezzi al consumo in Spagna ha evidenziato a settembre un calo annualizzato dello 0,3%, poco meno del -0,5% di agosto e del -0,4% di luglio. Nonostante il pil stia pian piano tornando a crescere, il paese iberico resta in deflazione. Il problema non è però solo di Madrid, bensì anche di altri numerosi paesi europei (Italia in primis). Domani l’Eurostat dovrebbe certificare un tasso di inflazione nell’eurozona allo 0,3%, il livello più basso da ottobre 2009. A quel punto la BCE sarebbe costretta realmente a studiare un piano di quantitative easing a partire da gennaio prossimo, in modo tale da scongiurare il rischio deflazione nel medio periodo.
Il programma di acquisto di asset, che andrebbe a sommarsi ad altre numerose misure monetarie ultra-espansive già annunciate tra maggio e settembre, servirebbe soprattutto a svalutare ulteriormente l’euro sui mercati internazionali, in modo tale da far crescere i prezzi dei beni importati e di conseguenza il tasso di inflazione. Un significativo deprezzamento dell’euro, diciamo fino a 1,20 contro il dollaro americano, dovrebbe consentire all’indice dei prezzi al consumo nell’eurozona di muoversi verso l’alto di uno 0,7% circa. Ecco perché Mario Draghi farà di tutto pur di spingere la moneta unica sempre più in basso.
Gli analisti di Goldman Sachs si aspettano un cambio euro/dollaro a 1,20 entro dodici mesi, mentre secondo gli esperti di Nomura il cambio approderà a 1,20 già nella prima parte del 2015 grazie proprio all’annuncio di nuove misure monetarie non convenzionali da parte della BCE. Quello di 1,20 è il target al quale guardano la maggior parte dei broker e delle banche d’affari (anche Morgan Stanley, mentre per Citi scenderà a 1,15). Da un punto di vista tecnico, la perdita del supporto chiave di 1,2750 dovrebbe favorire un ulteriore deprezzamento del cambio proprio fino a 1,20, area di minimo che risale a fine luglio 2012 (fase critica per l’eurozona, a causa della crisi del debito pubblico).