L’avvocato che non paga i propri debiti mette a rischio l’onorabilità dell’intera categoria e può essere sospeso dall’esercizio della professione.
L’avvocato che non paga i propri debiti personali può essere sospeso dalla professione? In base alla sentenza 30771 del 24 novembre 2025 le Sezioni unite civili della Corte di Cassazione ritengono di sì. La condotta volontaria di avere debiti non saldati, anche se rientrano nella sfera privata del legale, nuocciono all’immagine della professione stessa e vanno a compromettere la dignità della classe forense.
A prevedere la sospensione di due mesi dall’esercizio della professione è l’articolo 64 del Codice deontologico forense. La condotta di un avvocato non viene valutata soltanto nello svolgimento della propria professione, ma si estende anche alla vita privata perché comportamenti sbagliati possono mettere in ombra l’intera categoria.
Avere debiti, per una figura legata alla legge, non è una condizione decorosa e a ribadirlo è la Corte di Cassazione prevedendo, appunto, sanzioni per chi non onora i propri debiti. Vediamo il caso in questione e cosa significa per l’intera categoria.
Il caso e la sentenza
La sentenza della Cassazione nasce dal caso di un avvocato che aveva commissionato la riparazione della propria barca. Il costo totale dei lavori era pari a 10.000 euro per il quale aveva versato un acconto di 2.500 euro, con l’accordo di versare il resto al termine dei lavori.
Il saldo dell’importo non è stato mai versato, nonostante il creditore abbia avviato un’azione legale per ottenere il dovuto. Il comportamento dell’avvocato ha portato a una segnalazione disciplinare che è stato valutato anche dal Consiglio Nazionale Forense prima di finire sotto l’occhio attento della Corte di Cassazione.
Gli Ermellini hanno stabilito che l’avvocato debba essere sospeso dalla libera professione per due mesi confermando che l’azione disciplinare può essere applicata anche per debiti contratti nella sfera privata. La condotta dell’avvocato è stata giudicata molto duramente perché nuoce alla professione e ne danneggia la dignità: nella figura dell’avvocato si deve poter riporre la fiducia.
A stabilire la pena è il Codice deontologico
La società deve riporre la massima fiducia nella giustizia e nei confronti di chi la amministra. L’articolo 64 del Codice deontologico forense chiarisce che l’inadempimento volontario di un’obbligazione assunta configura l’illecito disciplinare anche se il debito contratto e non pagato esula dall’esercizio della professione. L’avvocato, proprio per mantenere alta l’onorabilità della categoria, deve saldare i suoi debiti privati. Con il mancato pagamento, infatti, si innescano azioni legali che sono incompatibili con il decoro che si deve rispettare.
L’aspetto più interessante della sentenza riguarda un elemento della difesa il quale sosteneva che per essere sanzionati è necessario che l’avvocato sia pienamente cosciente di violare il codice deontologico. La Cassazione ha respinto questa chiave di lettura sostenendo che non è necessario che l’avvocato sia consapevole che non pagando un debito stia violando il codice deontologico, basta che l’omissione del pagamento sia volontaria: l’avvocato sapeva di avere un debito e non lo ha pagato volontariamente.
Gli unici elementi che possono escludere la sanzione sono il caso fortuito o la forza maggiore (impedimenti che esulano dalla sua volontà).
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