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Interrogatori impossibili con il reato di tortura: ora tocca al Senato

martedì 9 maggio 2017, di Vittorio Proietti

Il reato di tortura in Italia arriva in Senato tra polemiche e discussioni accese tra Guardasigilli e sindacati delle Forze Armate: il Codice Penale italiano non tutela i detenuti vittime di violenza da pubblici ufficiali, la lacuna deve essere riempita.

Il lavoro delle forze di polizia giudiziaria, tuttavia, potrebbe risultarne fortemente compromesso: il reato di tortura potrebbe diventare un arma a doppio taglio, tale da impedire lo svolgimento degli interrogatori e garantire dei benefici ad alcuni criminali.

Il reato di tortura, inoltre, diverrebbe uno strumento ideologico per la lotta alle Forze di Polizia in genere e non una tutela dei diritti dei detenuti, secondo il delegato SAP Gianni Tonelli come riportato in questo articolo.

L’introduzione del reato di tortura nel Codice Penale rappresenta comunque il tentativo del legislatore di riempire un vuoto normativo, vediamo cosa è contenuto nel Ddl presentato in Senato e quali sono state le modifiche apportate dagli emendamenti.

Il reato di tortura renderà impossibili gli interrogatori

Il reato di tortura arriva al Senato con un quaderno di emendamenti piuttosto sostanzioso ai primi quattro articoli del proposto Art. 613 bis del Codice Penale. Il dubbio più martellante riguarda, tuttavia, il normale svolgimento degli interrogatori delle Forze di Polizia.

La tortura, secondo il testo del Ddl più volte modificato, consiste nella violenza psichica perpetrata con minacce, punizioni e atti di discutibile condotta orientati all’estrapolazione forzata di informazioni su vittime affidate a pubblici ufficiali.

L’esempio dei detenuti è certamente il più evidente, poiché chi delinque nasconde necessariamente notizie utili alle indagini della polizia giudiziaria. L’obiettivo del promesso Art. 613 bis del Codice Penale è però creare un deterrente per tutti i dipendenti operativi delle Forze Armate, non soltanto di chi è impegnato nei reparti operativi.

La pena per un pubblico ufficiale accusato di tortura, o istigazione alla tortura in quanto il Codice Penale vedrà equiparate le due fattispecie, sarà per contrappasso il carcere dai 5 ai 15 anni, con pesanti aggravanti se la tortura causasse lesioni o morte della vittima.

I nuovi emendamenti sul reato di tortura: ora tocca al Senato

La Legge sul reato di tortura ha cambiato volto più volte prima di riapprodare in Senato: il testo proposto dalla Prima Commissione Permanente apporta un valore aggiunto all’Art. 613 bis del Codice Penale e cioè l’agire con crudeltà e l’operare violenze reiterate.

La pena massima per un pubblico ufficiale accusato di tortura scende a 12 anni, a prescindere che essa sia svolta da un agente delle forze di polizia durante gli interrogatori. In caso il dipendente delle Forze Armate sia solo istigatore, invece, la reclusione sarà dai 6 mesi ai 3 anni.

Ciò che più colpisce degli emendamenti alla legge sul reato di tortura è quanto contenuto nell’Art. 3 del testo giunto in Senato, in quanto si propone l’annullamento dei provvedimenti di espulsione ed estradizione delle vittime di tortura (si veda il testo aggiunto in allegato).

Ipotizzando un caso limite, se un pericoloso criminale arrestato in flagrante divenisse vittima di tortura durante gli interrogatori, egli non potrebbe essere espulso dal nostro paese malgrado la colpevolezza e ciò dipenderà dal grado di disumanità dello Stato di provenienza.

Il testo della legge sul reato di tortura subirà ulteriori modifiche prima dell’approvazione, tuttavia, ci auguriamo che esse non ostacolino il lavoro delle Forze di Polizia, dato che la violenza durante gli interrogatori potrebbe non essere l’unica fonte di preoccupazione.

Ddl Senato Reato Tortura
Clicca sull’icona per scaricare il testo del Ddl in formato PDF

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