Home > Economia e Finanza > Economia italiana > In sette anni l’Italia ha versato 116 miliardi all’Ue
In sette anni l’Italia ha versato 116 miliardi all’Ue
mercoledì 19 giugno 2024, di
Essere contributore netto significa versare più di quanto si riceve. E l’Italia nei rapporti con l’Unione Europea ha interpretato questo ruolo per diversi anni. A giudicare dall’andamento dei flussi finanziari tra Roma e Bruxelles, il nostro Paese potrebbe ancora essere definito tale. Ma c’è un fattore che cambia tutto: i fondi in arrivo dal Next Generation Eu per realizzare il Pnrr, che hanno reso l’Italia un percettore netto, ossia uno Stato membro che adesso ottiene accrediti superiori ai propri versamenti.
Ogni anno l’Unione Europea ha bisogno di finanziare le proprie attività, per realizzare obiettivi fondamentali e priorità politiche. Per questo, oltre a ricevere risorse europee, gli Stati membri devono anche inviare degli stanziamenti annuali all’Ue. Tra 2014 e 2020 il saldo tra uscite ed entrate è stato negativo per l’Italia, che è andata sotto di 37,9 miliardi di euro, “rimettendoci” meno solamente di Francia (56,1 miliardi), Regno Unito (71,5) e Germania (118,5). Ma dal 2021 i fondi previsti dal piano europeo di ripresa post pandemia hanno ribaltato la situazione.
Tecnicamente, secondo l’ultima Relazione annuale- sui rapporti finanziari tra Italia e Unione europea della Corte dei conti, l’Italia continua a essere un contributore netto se si considerano gli scambi di risorse “ordinarie”. Nel 2022, l’ultima annata di riferimento disponibile, l’Italia ha versato all’Ue 16,7 miliardi di euro (in calo del 7,6% rispetto ai 18,1 miliardi versati nel 2021). Nello stesso anno ne ha ricevuti 14,3 per diverse materie: tra le più cospicue, la rubrica “coesione, resilienza e valori” (6,2 miliardi), “risorse naturali e ambiente” (5,6) e “mercato unico, innovazione e digitale” (1,9). Anche nel 2022, quindi, gli accrediti dell’Italia all’Ue hanno superato l’ammontare dei versamenti dell’Ue all’Italia, con un saldo netto negativo di quasi 2,4 miliardi.
Tra il 2016 e il 2022 l’Italia ha versato complessivamente all’Ue 116,2 miliardi di euro ricevendone 84,4 e andando quindi in negativo di oltre 31,7 miliardi di euro. Ma a partire dal 2021 bisogna mettere nel conto anche i già citati fondi del Next Generation Eu, che sono stati 10,1 miliardi per il 2021 e 22,4 miliardi per il 2022. Risultato? Considerando anche i fondi per il Pnrr, tra il 2016 e il 2022 l’Italia non risulta più in negativo di 31,7 miliardi, ma al contrario emerge un saldo netto positivo di 894,6 milioni di euro.
L’atto che autorizza il finanziamento complessivo delle attività dell’Ue è il bilancio annuale, che ha spese suddivise in impegni, a copertura degli obblighi giuridici che potrebbero essere assunti durante l’esercizio e in pagamenti, che coprono le spese previste per gli accordi sottoscritti durante l’esercizio in corso o in quelli precedenti. Ciascuno Stato contribuisce attraverso tre voci principali: le Risorse Proprie Tradizionali (RPT), che derivano dai dazi doganali sulle importazioni da paesi terzi riscossi dagli Stati membri per conto dell’Ue, la Risorsa IVA, che è un contributo che ogni Stato applica sulle proprie basi imponibili IVA e, infine, la Risorsa RNL, proporzionata al reddito nazionale lordo di ogni Stato membro.
La voce RNL è la principale: nel 2022 l’Italia ha versato 13,7 miliardi (in calo del 10,6% sul 2021). Quella maggiormente in crescita è la RPT, che nel 2022 è stata pari a quasi 2,8 miliardi per il nostro Paese (+49% sul 2021). Dal 2021 gli stati effettuano versamenti anche per una nuova voce, la Risorsa propria della plastica. Consiste in un contributo nazionale basato sulla quantità di rifiuti di plastica per imballaggio non riciclati, per incentivare gli Stati membri a ridurli: in due anni l’Italia ha versato per questa voce 1,5 miliardi di euro.
<leggianche|articolo=150572>