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Il rapporto che svela la presenza della CIA in Ucraina da EuroMaidan

giovedì 29 febbraio 2024, di Roberto Vivaldelli

Lo scorso fine settimana, il New York Times ha pubblicato un lungo articolo- che conferma la collaborazione della CIA con il governo ucraino post-Maidan sin dal 2014.

Intitolato The Spy War: How the CIA Secretly Helps Ukraine Fight Putin The Spy War: How the C.I.A. Secretly Helps Ukraine Fight Putin (La guerra delle spie: come la CIA aiuta segretamente l’Ucraina a combattere Putin), a firma di Adam Entous e Mitchell Schwirtz, il rapporto descrive un decennio di cooperazione tra l’intelligence degli Stati Uniti e il governo di Kiev.

“Immersa in una fitta foresta, la base militare ucraina sembra abbandonata e distrutta. Ma è in superficie. Non lontano, un passaggio discreto scende verso un bunker sotterraneo dove squadre di soldati ucraini tracciano i satelliti spia russi e origliano le conversazioni tra i comandanti russi” riporta l’articolo, che prosegue sottolineando che “la postazione di ascolto nella foresta ucraina fa parte di una rete di basi di spionaggio costruita negli ultimi otto anni con il sostegno della CIA” e “comprende 12 località segrete lungo il confine russo”.

Un rapporto che dura da Euromaidan

Nell’articolo si afferma che la notte del 24 febbraio 2014, nel bel mezzo del golpe di EuroMaidan, il capo delle spie ucraine Valentyn Nalyvaichenko chiamò i capi della CIA e dell’MI6 britannico e chiese loro aiuto per ricostruire la sua agenzia “dalle fondamenta”. In quei giorni, le proteste di piazza - che videro in prima fila l’estrema destra di Pravyj Sektor e Svoboda- - portarono alla deposizione del presidente eletto Yanukovich, sostituito ad interim da un governo provvisorio filo-occidentale fino all’elezione nel maggio 2014 del magnate Petro Poroshenko. La domanda è scontata: perché il capo dello spionaggio ucraino era già in così buoni rapporti con la CIA e l’MI6, proprio nei giorni in cui il colpo di stato portò al potere il nuovo governo? Non a caso, la composizione del primo governo post-Maidan avvenne sotto l’attenta supervisione degli Stati Uniti e del finanziere liberal George Soros: il finanziere, come riportato all’epoca dal Sole24Ore-, pagò 82,200 dollari per sostenere le due società coinvolte nella selezione di personale. Alcuni ministri erano persino cittadini americani-. Nel maggio del 2014, infatti, lo stesso Soros confermò a Fareed Zakaria sulla Cnn di aver contribuito a rovesciare il regime filorusso attraverso le sue “fondazioni filantropiche” per creare le condizioni di una democrazia filo-occidentale.

La piazza di Maidan fu inoltre platealmente sostenuta dal sottosegretario di Stato Victoria Nuland e dall’ambasciatore americano in Ucraina, Geoffrey Pyatt, come ha poi svelato la celebre telefonata- nella quale Nuland denigra l’Ue per la sua politica a suo dire troppo moderata nei confronti dell’Ucraina. Negli anni successivi al golpe, i funzionari dell’intelligence ucraina, nel tentativo di “dimostrare il loro valore alle controparti americane”, consegnarono alla CIA la “prova” che i separatisti russi avevano abbattuto il volo Malaysia Airlines 17 “a poche ore dall’incidente” nel luglio 2014; successivamente, l’allora capo dell’intelligence militare ucraina Valeriy Kondratiuk consegnò all’intelligenza Usa “informazioni dettagliate sugli ultimi progetti di sottomarini nucleari russi” nel 2015. Quello stesso anno, come riportato dal New York Times, il presidente ucraino Poroshenko decise di sostituire Nalyvaichenko, “il partner fidato della CIA”.

Cosa si nasconde dietro queste rivelazioni

Senza fare troppa dietrologia, ci si chiede, in questo caso, se sia stato effettivamente il New York Times a realizzare uno scoop o le agenzie d’intelligence a “usare” il celebre quotidiano per i propri scopi politici e propagandistici. Ad esempio, nota il giornalista dei “Twitter Files” Matt Taibbi, sebbene in superficie il Nyt descriva un’eroica collaborazione contro la perfida russa, contiene tra le righe leitmotiv sull’America civilizzata che implora continuamente gli ucraini di smettere di commettere atrocità. Quando la partnership si è approfondita “dopo il 2016”, riporta il New York Times, gli ucraini “hanno iniziato a mettere in scena omicidi e altre operazioni letali, violando i termini che la Casa Bianca pensava fossero stati accettati dagli ucraini”. Gli americani erano “infuriati” e “minacciarono di tagliare il sostegno”, ma non lo fecero mai.

Come quando il futuro capo dell’intelligence della Difesa, Kyrylo Budanov, guidò un’operazione in Crimea che portò all’uccisione di “ddiversi combattenti russi, tra cui il figlio di un generale”: un “disastro” che portò Barack Obama a spingere per la chiusura della partnership con Kiev. Tuttavia, l’allora direttore della CIA John Brennan convinse Obama a non chiudere l’operazione perché, scrive il Times, la collaborazione con gli ucraini “stava iniziando a produrre informazioni sui russi mentre la CIA stava indagando sull’ingerenza russa nelle elezioni”. Non va dimenticato il fatto che Brennan è stato uno degli artefici della bufala del Russiagate: com’è emerso nel 2020, secondo alcuni documenti declassificati dall’allora capo dell’intelligence Richard Grenell, Brennan avrebbe “occultato” alcune informazioni essenziali sulle presunte interferenze russe nelle elezioni presidenziali del 2016. Lo scopo era quello di alimentare la narrativa della collusione fra la Campagna di Trump e Mosca.

Sarà poi un caso, ma mentre Budanov viene dipinto come un macellaio, il capo della direzione principale dell’intelligence del Ministero della difesa ucraina ha messo a tappeto la narrazione occidentale sulla morte del dissidente russo Alexei Navalny in un’intervista- nella quale afferma il blogger russo è morto a causa di un “coagulo di sangue”, dunque per cause naturali. Realtà batte propaganda, ancora una volta, mentre emerge la verità sull’ingerenza dei servizi segreti degli Stati Uniti e dell’occidente in Ucraina.

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